Nell’uomo gli effetti metabolici e
meccanici di un esercizio muscolare
intenso si osservano
molto precocemente, sin dalle prime
ore (in genere dalle 8 alle 24) successive
all’esecuzione dell’esercizio che ne
è stato la causa (Tiidus & Ianuzzo,
1983). I sintomi, che sostanzialmente
s’identificano in indolenzimento muscolare,
gonfiore e impotenza funzionale
sono in grado di perdurare per
periodi piuttosto lunghi, che possono
arrivare sino a due/tre settimane (Evans
& Cannon, 1991; Sjöström & Fridén,
1984). L’origine di questa sintomatologia
algica muscolare è essenzialmente
di natura microtraumatica ed è da imputarsi
al verificarsi di microlesioni a livello
della miofibrilla indotte
essenzialmente dalla contrazione eccentrica
che, in ultima analisi, testimoniano
uno stato di sovraccarico
meccanico del muscolo a seguito di un
esercizio particolarmente intenso (Bigard,
2001; Proske & Morgan, 2001).
Le alterazioni ultrastrutturali
I primi lavori incentrati sulle lesioni muscolari
indotte dall’esercizio eccentrico
intenso sull’uomo risalgono al 1981
(Fridén e coll., 1981). In questo primo
lavoro, Fridén e collaboratori evidenziarono,
tramite biopsia muscolare, come
un esercizio eccentrico intenso – rappresentato
dalla discesa effettuata di corsa
da una rampa di scale – causasse delle
importanti modificazioni nella struttura
miofibrillare del muscolo soleare. L’osservazione
al microscopio elettronico del
campione bioptico rivelò, in particolare,
una rottura della banda Z, contestuale a
un allargamento delle fibre stesse. Queste
modificazioni dell’ultrastruttura delle
miofibrille si mantennero evidenti per
circa sette giorni.A fronte di queste osservazioni,
gliAutori avanzarono l’ipotesi
che tali microlesioni ultrastrutturali
avessero causato la liberazione di enzimi
lisosomiali che, a loro volta, avessero
provocato un processo infiammatorio. In
seguito, ulteriori ricerche, sempre condotte
dallo stessoAutore (Fridén e coll.,
1983), confermarono tali ipotesi.A questi
primi studi seguirono ulteriori ricerche,
condotte soprattutto nell’ambito
della corsa su lunghe distanze (Hagerman
e coll., 1984; Sjöström & Fridén,
1984;Warhol e coll., 1985) che, oltre ad
avvallare i precedenti risultati ottenuti da
Fridén, evidenziarono come le lesioni
muscolari dovute all’esercizio intenso
fossero molto simili a un processo di
rabdomiolisi1; inoltre, queste ultime fecero
notare come nelle tre ore successive
all’esercizio intenso – in questo caso la
corsa – oltre alla rottura miofibrillare, si
versificasse anche un’importante deplezione
di glicogeno muscolare. Oggi sappiamo
che la rottura della banda Z – che
appare come disorganizzata, allargata e
irregolare – si può estendere sino alla
bandaA e interessare anche le fibre del
citoscheletro formate da desmina e fibronectina
(Lieber e coll., 1996). Oltre a
questo, è frequente osservare, dopo un
esercizio eccentrico condotto ad alta intensità,
la rottura di un certo numero di
mitocondri e di parte del reticolo sarcoplasmatico
(Warhol e coll., 1985). Queste
rotture si possono osservare, oltre che
sul ventre muscolare stesso, anche a livello
della giunzione muscolo-tendinea
(Stauber e coll., 1990). Nel corso di alcune
ore i macrofagi, i monociti e i neutrofili
si infiltrano nel sito lesionale,
dando così inizio al processo infiammatorio
(Fridén & Lieber, 1998; Child e
coll., 1999). L’avvio del processo infiammatorio
comporta la conseguente
insorgenza della sintomatologia algica –
ossia il cosiddetto Delayed OnsetMuscle
Soreness, DOMS – la cui sintomatologia
è caratterizzata da dolore,
gonfiore e rigidità muscolare che si manifestano
a una distanza di 24-48 ore
dalla fine dell’esercizio.Mentre il
DOMS si auto-risolve nel giro di alcuni
giorni, la risposta infiammatoria può perdurare
per un periodo compreso tra le
due e le tre settimane (Child e coll.,
1999).A un esame clinico, i muscoli affetti
da DOMS possono talvolta presentare
un certo grado di gonfiore (Komi &
Rusko, 1974), in genere imputabile all’edema
da sforzo che in alcuni casi può,
nelle 24-48 ore successive all’esercizio,
causare un aumento del peso del ventre
muscolare interessato dal fenomeno, di
una percentuale compresa tra l’11 e il
17%(Brendstrup, 1962). Questo edema
da sforzo sarebbe tipico degli esercizi
eccentrici e, invece, poco frequente, se
non del tutto assente, durante gli esercizi
concentrici (Fridén e coll., 1988).
Le reazioni a livello cellulare
L’acme della sintomatologia algica si
registra, in genere, nell’arco delle 24-72
ore successive all’esercizio scatenante
(McIntyre e coll., 1995), anche se esiste
una certa variazione temporale dipendente
dall’età, dal grado di allenamento
e dal protocollo di lavoro svolto (Talag,
1973; Tiidus e Januzzo, 1983; Clarkson
e coll., 1986; Molea e coll., 1987; Jones
e coll., 1987; Clarkson & Dedrick,
1988). Nel corso di questa fase acuta –
denominata anche da alcuniAutori
come acute response phase – si manifestano
le prime reazioni linfocitarie, che
consistono nella liberazione di linfochine
e citochine (Fallon, 2001). Oltre a
ciò, è possibile anche osservare un’attivazione
delle proteine facente parti del
cosiddetto “sistema complementare”,
ossia un insieme di 20 proteine plasmatiche
circolanti sotto forma inattiva
(Evans & Cannon, 1991), una liberazione
locale di prostaglandine (PGE2) e
di trombossano (TXB2), entrambi mediatori
del processo infiammatorio
(Langberg e coll., 1999a; Langberg e
coll., 1999b).Altri studi evidenziano
come il dolore tipico della acute response
phase sia anche causato dalla
degranulazione dei macrofagi che provoca
un rilascio di istamina, a sua volta
responsabile sia dell’insorgenza del dolore
sia dell’instaurarsi dell’edema tissutale
(Stauber e coll., 1988).A questo
quadro si aggiungerebbe una liberazione
di proteine muscolari nel plasma,
un’eliminazione di alcuni aminoacidi
specifici nei confronti delle proteine
contrattili come la 3metil-istidina, una
sintesi ritardata del glicogeno muscolare
e un alto livello serico di creatin kinase,
che rappresenterebbe un marker della distruzione miofibrillare (Kjaer e coll.,
2000). Le proteine della miofibrilla
(αactina e αtropomiosina) e del citoscheletro
(desmina), liberate in seguito
alla lesione, subiscono l’azione proteolitica
della calpaina, il cui fattore principale
di attivazione sarebbe l’elevata
concentrazione di Ca++ conseguente alla
lesione stessa; oltre alla calpaina, verrebbe
attivato il meccanismo di proteolisi
dipendente dal sistema
ubiquitina-proteosoma (Ordway e coll.,
2000). Tuttavia, a fronte di tutte queste
diverse reazioni cellulari, nel muscolo
sottoposto a esercizio eccentrico esaustivo,
non si evidenzierebbe nessun tipo
di disfunzione a carico della respirazione
mitocondriale (Walsh e coll.,
2001).
I processi di riparazione tissutale
sono piuttosto lunghi e richiedono dalle
due alle quattro settimane; in linea di
massima attorno al quinto giorno dall’evento
lesivo i giovani miotubi, provenienti
dalle cellule satellite, si ancorano
al tessuto connettivo e si regista un incremento
della sintesi proteica, processo
che darà origine, entro la seconda e la
terza settimana, a delle nuove fibre di
struttura definitiva (Li e coll., 2000). È
interessante notare che il muscolo del
soggetto anziano, sia su modello animale
(Brooks & Faulkner, 1990;
McBride e coll., 1995; Zerba e coll.,
1990) sia umano (Meltzer e coll., 1976;
Tomonaga, 1977; Scelsi e coll., 1980),
sarebbe, secondo la maggioranza degli
studi condotti, maggiormente esposto al
danno strutturale derivante dalla sollecitazione
eccentrica.
I marker ematici del danno
muscolare indotto
dall’esercizio eccentrico
A seguito di uno stimolo meccanico eccentrico
intenso alcuni marker del
danno muscolare, indotto da quest’ultimo,
si presentano precocemente a livello
ematico. Nell’arco di 24 ore,
infatti, i seguenti indici raggiungono i
loro valori massimali:
• la concentrazione plasmatica di interluchina1
(IL1) – Evans e coll., 1986;
• la lattico deidrogenasi (LDH) – Fridén
e coll., 1989; Maughan e coll.,
1989; Tiidus & Ianuzzo, 1983;
• la asportato amino transferasi (ASAT
o SGOT) – Mughini e coll., 1989; Fridén
e coll., 1989; Tiidus & Ianuzzo,
1983;
• i livelli di fosfato inorganico (Pi) – Aldridge
e coll., 1986.
Inoltre, occorre segnalare l’innalzamento
dei valori di creatinchinasi plasmatica
(CPK), che però possono
raggiungere la loro punta massima
anche cinque o sei giorni dopo l’esercizio
(Evans e coll., 1986; Newham e
coll., 1986; Jones e coll., 1987; Newham
e coll., 1987; Clarkson & Dedrick,
1988). Al contrario, non
subirebbero nessuna variazione i valori
di pH intracellulare (Aldridge e coll.,
1986).
In ultimo ricordiamo alcuni studi, relativamente
recenti, che indicherebbero
come l’elevazione del tasso serico delle
catene pesanti della miosina (MHC), e
in particolare delleMHC di tipo veloce,
dosate 24 ore dopo l’evento scatenante,
possano essere considerate come un
marker specifico del DOMS, ma anche
di traumi elongativi e lesioni di 1° grado
(Guerrero e coll., 2007).
Tuttavia, al di
là dell’innegabile interesse che questo
tipo di indagine può suscitare, la classificazione
delle lesioni utilizzata dagli
Autori ci sembra poco precisa; quindi
riteniamo che necessitino ulteriori studi,
che utilizzino una classificazione lesionale
più appropriata, grazie ai quali sia
possibile confermare tali dati.
Gli adattamenti indotti
dall’esercizio eccentrico
Il muscolo scheletrico umano presenta
una spiccata capacità adattativa nei confronti
dello stimolo meccanico rappresentato
dalla contrazione eccentrica,
molto maggiore di quanto non sia la sua
capacità di adattamento nei confronti
della contrazione concentrica (Clarkson
& Dedrick, 1988). Questo fenomeno è
conosciuto come repeated bout effect o
rapid adaptation (Hortobagyi, Houmard,
Fraser, 1998; Nosaka & Clarkson,
1995). L’effetto a breve termine
dell’esercizio eccentrico è infatti quello
d’indurre un profondo adattamento muscolare
allo stimolo meccanico, che si
traduce, già alla seconda seduta di allenamento,
in una diminuzione dello stimolo
algico soggettivo e in un’obiettiva
diminuzione della concentrazione ematica
di CK (Newham e coll., 1986; Clarkson
& Dedrick, 1988; Clarkson &
Tremblay, 1988). Gli esercizi basati sulla
contrazione concentrica non sono, al
contrario, in grado di provocare lo stesso
grado di adattamento funzionale
(Schwane e coll., 1987). È probabile che
questo rapido effetto adattivo causato
dall’esercizio eccentrico di alta intensità
sia da ricondursi alla necrosi muscolare
delle fibre inadatte alla tolleranza meccanica
della contrazione eccentrica intensa.
In tal modo verrebbero in un certo
qual modo “selezionate” fisiologicamente
le fibre che presentano delle caratteristiche
contrattili consone alla
richiesta funzionale imposta, mentre
quelle inadatte verrebbero eliminate. Per
utilizzare un “allegoria fisiologica” potremmo
definire questo processo come
una sorta di “apoptosi funzionale indotta”.
Soprattutto questo quadro comportamentale
di tipo funzionale del
muscolo nei confronti dello stimolo
meccanico rappresentato dalla contrazione
eccentrica, ci deve sottolineare
l’importantissimo ruolo che l’allenamento
eccentrico riveste nell’ambito
della prevenzione dei danni muscolari.
Oltre a ciò è importante evidenziare
come nel corso della contrazione eccentrica
avvenga un reclutamento preferenziale
delle fibre a contrazione rapida
(Fridén e coll., 1983; Potvin, 1997), per
cui dal momento che queste ultime rappresentano
la tipologia di fibre maggiormente
a rischio di danno strutturale
(Garret e coll., 1984; Fridén & Lieber,
1992), l’esercizio eccentrico rappresenterebbe,
di fatto, un mezzo preventivo altamente
specifico al riguardo (Dick &
Cavanagh, 1987; Komi e coll., 1987;
O’Reilly e coll., 1987; Romano & Schiepatti,
1987; Sargeant & Dolan, 1987).
L’effetto profilattico della contrazione
eccentrica nei confronti degli eventi lesivi
sarebbe, tuttavia, strettamente correlato
all’ampiezza della contrazione
eccentrica stessa. L’effetto protettivo
massimale si otterrebbe, infatti, nel momento
in cui si riesca a sollecitare l’intero
range di movimento muscolare
(Harrison & Gaffney, 2004;McHugh &
Pasiakos, 2004).
DOMS e terapia
farmacologica
In letteratura è riscontrabile un largo,
anche se non totale, consenso inmerito
all’inefficacia della terapia farmacologica
basata sui FANS nei confronti del
DOMS (Donnelly e coll., 1988; Francis
e Hobbler, 1987; Jones e coll., 1987; Salaminen&
Kilström, 1987). Anche la
somministrazione di aspirina o di vitamina
E si è dimostrata inefficace nel ridurre
la sintomatologia post-esercizio eccentrico
(Francis&Hubler, 1986;
Travell&Simons, 1983).Vi è un solo
studio, desunto dall’esperienza clinica,
che segnalerebbe una diminuzione della
sintomatologia algica e della rigiditàmuscolare
susseguente a esercizio eccentrico
intenso grazie alla
somministrazione di vitamina C sotto
forma retard; tuttavia, occorre segnalare
che questa teoria non è stata suffragata
da prove sperimentali sufficientemente
convincenti (Travell&Simons, 1983).
Le terapie fisiche e il DOMS
In bibliografia si ritrovano numerosi
studi inerenti le diverse terapie fisiche
utilizzate allo scopo dimitigare gli effetti
del DOMS e/o accelerarne i tempi di recupero.
Schematicamente possiamo riassumere
i principalimezzi fisioterapici
adottati e i risultati ottenuti sulla base
delle evidenze scientifiche reperibili.
Crioterapia
L’utilizzo della crioterapia allo scopo
sia di limitare l’insorgenza del DOMS
sia di accelerarne i tempi di recupero
non sembra trovare un razionale scientifico
di applicazione (Isabell e coll.,
1992; Paddon-Jones & Quigley, 1997;
Eston & Peters, 1999).
Ultrasuono terapia
Nemmeno l’utilizzo dell’ultrasuono terapia
sia a basse sia ad alte dosi di somministrazione
sembrerebbe avere un
effetto positivo nel mitigare la sintomatologia
algica e l’impotenza funzionale
legata al DOMS (Ciccone e coll., 1991;
Craig e coll., 1996). Occorre comunque
sottolineare che i risultati di questi studi
sono fortemente influenzati dai parametri
tecnici utilizzati nei diversi protocolli
proposti, come la frequenza, l’intensità,
la modalità di somministrazione (continua
o pulsata), nonché dalle aree anatomiche
trattate.
Elettroterapia
L’utilizzo dell’elettroterapia trova risultati
discordanti: se da un lato alcuniAutori
evidenziano a fronte di questo tipo
di trattamento un decremento del
DOMS (Denegar & Perrin, 1982;
Craig e coll., 1996; Bisciotti, 2003),
altri giudicano questo tipo di approccio
come inefficace (Weber e coll., 1994).
Anche in questo caso, esattamente
come nell’ambito dell’ultrasuonoterapia,
l’efficacia o l’inefficacia del protocollo
adottato dipende fortemente dai
parametri tecnici di somministrazione
della corrente adottati.
Il massaggio
Anche per ciò che riguarda il massaggio,
effettuato immediatamente dopo l’esercizio
fisico inducente il DOMS, i risultati
sono contrastanti.Alcuni studi
sottolineerebbero la totale inefficacia del
massaggio effettuato 24 e 48 ore dopo
l’esercizio nel mitigare gli effetti del
DOMS (Lighfoot e coll., 1997); altri riporterebbero
un leggero miglioramento
della sintomatologia algica, comunque
non associato a un contestuale recupero
precoce della contrattilità, intesa in termini
di accresciuta produzione di forza
(Hilbert e coll., 2003), mentre altri ancora
attribuirebbero all’uso del massaggio
sia un effettivo decremento della
sintomatologia algica sia un sostanziale
incremento nell’espressione di forza
contrattile (Mancinelli e coll., 2005).
Anche in questo caso i diversi tempi di
somministrazione del massaggio, come
le diverse tecniche utilizzate, non ci permettono
di avere una visione obiettiva
dell’efficacia di questo tipo di approccio
fisioterapico nell’ambito del DOMS
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