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Le lesioni muscolari indotte dall’esercizio
Il "delayed onset muscle soreness"
Gian Nicola Bisciotti, Cristiano Eirale, Paolo Gaudino
 
L´ESERCIZIO MUSCOLARE INTENSO, COME È NOTO, PROVOCA UNA SERIE DI EFFETTI DI ORDINE METABOLICO E MECCANICO CONOSCIUTI CON L’ACRONIMO DI DOMS (DELAYED ONSET MUSCULAR SORENESS). IN QUESTA REVIEW VERRANNO PRESI IN ESAME LE CONSEGUENZE FUNZIONALI E GLI ADATTAMENTI FISIOLOGICI DELL´ORGANISMO NEI CONFRONTI DELL´ESERCIZIO STRENUO CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL FENOMENO DEL DOM.

Nell’uomo gli effetti metabolici e meccanici di un esercizio muscolare intenso si osservano molto precocemente, sin dalle prime ore (in genere dalle 8 alle 24) successive all’esecuzione dell’esercizio che ne è stato la causa (Tiidus & Ianuzzo, 1983). I sintomi, che sostanzialmente s’identificano in indolenzimento muscolare, gonfiore e impotenza funzionale sono in grado di perdurare per periodi piuttosto lunghi, che possono arrivare sino a due/tre settimane (Evans & Cannon, 1991; Sjöström & Fridén, 1984). L’origine di questa sintomatologia algica muscolare è essenzialmente di natura microtraumatica ed è da imputarsi al verificarsi di microlesioni a livello della miofibrilla indotte essenzialmente dalla contrazione eccentrica che, in ultima analisi, testimoniano uno stato di sovraccarico meccanico del muscolo a seguito di un esercizio particolarmente intenso (Bigard, 2001; Proske & Morgan, 2001).

Le alterazioni ultrastrutturali
I primi lavori incentrati sulle lesioni muscolari indotte dall’esercizio eccentrico intenso sull’uomo risalgono al 1981 (Fridén e coll., 1981). In questo primo lavoro, Fridén e collaboratori evidenziarono, tramite biopsia muscolare, come un esercizio eccentrico intenso – rappresentato dalla discesa effettuata di corsa da una rampa di scale – causasse delle importanti modificazioni nella struttura miofibrillare del muscolo soleare. L’osservazione al microscopio elettronico del campione bioptico rivelò, in particolare, una rottura della banda Z, contestuale a un allargamento delle fibre stesse. Queste modificazioni dell’ultrastruttura delle miofibrille si mantennero evidenti per circa sette giorni.A fronte di queste osservazioni, gliAutori avanzarono l’ipotesi che tali microlesioni ultrastrutturali avessero causato la liberazione di enzimi lisosomiali che, a loro volta, avessero provocato un processo infiammatorio. In seguito, ulteriori ricerche, sempre condotte dallo stessoAutore (Fridén e coll., 1983), confermarono tali ipotesi.A questi primi studi seguirono ulteriori ricerche, condotte soprattutto nell’ambito della corsa su lunghe distanze (Hagerman e coll., 1984; Sjöström & Fridén, 1984;Warhol e coll., 1985) che, oltre ad avvallare i precedenti risultati ottenuti da Fridén, evidenziarono come le lesioni muscolari dovute all’esercizio intenso fossero molto simili a un processo di rabdomiolisi1; inoltre, queste ultime fecero notare come nelle tre ore successive all’esercizio intenso – in questo caso la corsa – oltre alla rottura miofibrillare, si versificasse anche un’importante deplezione di glicogeno muscolare. Oggi sappiamo che la rottura della banda Z – che appare come disorganizzata, allargata e irregolare – si può estendere sino alla bandaA e interessare anche le fibre del citoscheletro formate da desmina e fibronectina (Lieber e coll., 1996). Oltre a questo, è frequente osservare, dopo un esercizio eccentrico condotto ad alta intensità, la rottura di un certo numero di mitocondri e di parte del reticolo sarcoplasmatico (Warhol e coll., 1985). Queste rotture si possono osservare, oltre che sul ventre muscolare stesso, anche a livello della giunzione muscolo-tendinea (Stauber e coll., 1990). Nel corso di alcune ore i macrofagi, i monociti e i neutrofili si infiltrano nel sito lesionale, dando così inizio al processo infiammatorio (Fridén & Lieber, 1998; Child e coll., 1999). L’avvio del processo infiammatorio comporta la conseguente insorgenza della sintomatologia algica – ossia il cosiddetto Delayed OnsetMuscle Soreness, DOMS – la cui sintomatologia è caratterizzata da dolore, gonfiore e rigidità muscolare che si manifestano a una distanza di 24-48 ore dalla fine dell’esercizio.Mentre il DOMS si auto-risolve nel giro di alcuni giorni, la risposta infiammatoria può perdurare per un periodo compreso tra le due e le tre settimane (Child e coll., 1999).A un esame clinico, i muscoli affetti da DOMS possono talvolta presentare un certo grado di gonfiore (Komi & Rusko, 1974), in genere imputabile all’edema da sforzo che in alcuni casi può, nelle 24-48 ore successive all’esercizio, causare un aumento del peso del ventre muscolare interessato dal fenomeno, di una percentuale compresa tra l’11 e il 17%(Brendstrup, 1962). Questo edema da sforzo sarebbe tipico degli esercizi eccentrici e, invece, poco frequente, se non del tutto assente, durante gli esercizi concentrici (Fridén e coll., 1988).

Le reazioni a livello cellulare
L’acme della sintomatologia algica si registra, in genere, nell’arco delle 24-72 ore successive all’esercizio scatenante (McIntyre e coll., 1995), anche se esiste una certa variazione temporale dipendente dall’età, dal grado di allenamento e dal protocollo di lavoro svolto (Talag, 1973; Tiidus e Januzzo, 1983; Clarkson e coll., 1986; Molea e coll., 1987; Jones e coll., 1987; Clarkson & Dedrick, 1988). Nel corso di questa fase acuta – denominata anche da alcuniAutori come acute response phase – si manifestano le prime reazioni linfocitarie, che consistono nella liberazione di linfochine e citochine (Fallon, 2001). Oltre a ciò, è possibile anche osservare un’attivazione delle proteine facente parti del cosiddetto “sistema complementare”, ossia un insieme di 20 proteine plasmatiche circolanti sotto forma inattiva (Evans & Cannon, 1991), una liberazione locale di prostaglandine (PGE2) e di trombossano (TXB2), entrambi mediatori del processo infiammatorio (Langberg e coll., 1999a; Langberg e coll., 1999b).Altri studi evidenziano come il dolore tipico della acute response phase sia anche causato dalla degranulazione dei macrofagi che provoca un rilascio di istamina, a sua volta responsabile sia dell’insorgenza del dolore sia dell’instaurarsi dell’edema tissutale (Stauber e coll., 1988).A questo quadro si aggiungerebbe una liberazione di proteine muscolari nel plasma, un’eliminazione di alcuni aminoacidi specifici nei confronti delle proteine contrattili come la 3metil-istidina, una sintesi ritardata del glicogeno muscolare e un alto livello serico di creatin kinase, che rappresenterebbe un marker della distruzione miofibrillare (Kjaer e coll., 2000). Le proteine della miofibrilla (αactina e αtropomiosina) e del citoscheletro (desmina), liberate in seguito alla lesione, subiscono l’azione proteolitica della calpaina, il cui fattore principale di attivazione sarebbe l’elevata concentrazione di Ca++ conseguente alla lesione stessa; oltre alla calpaina, verrebbe attivato il meccanismo di proteolisi dipendente dal sistema ubiquitina-proteosoma (Ordway e coll., 2000). Tuttavia, a fronte di tutte queste diverse reazioni cellulari, nel muscolo sottoposto a esercizio eccentrico esaustivo, non si evidenzierebbe nessun tipo di disfunzione a carico della respirazione mitocondriale (Walsh e coll., 2001).
I processi di riparazione tissutale sono piuttosto lunghi e richiedono dalle due alle quattro settimane; in linea di massima attorno al quinto giorno dall’evento lesivo i giovani miotubi, provenienti dalle cellule satellite, si ancorano al tessuto connettivo e si regista un incremento della sintesi proteica, processo che darà origine, entro la seconda e la terza settimana, a delle nuove fibre di struttura definitiva (Li e coll., 2000). È interessante notare che il muscolo del soggetto anziano, sia su modello animale (Brooks & Faulkner, 1990; McBride e coll., 1995; Zerba e coll., 1990) sia umano (Meltzer e coll., 1976; Tomonaga, 1977; Scelsi e coll., 1980), sarebbe, secondo la maggioranza degli studi condotti, maggiormente esposto al danno strutturale derivante dalla sollecitazione eccentrica.

I marker ematici del danno muscolare indotto dall’esercizio eccentrico
A seguito di uno stimolo meccanico eccentrico intenso alcuni marker del danno muscolare, indotto da quest’ultimo, si presentano precocemente a livello ematico. Nell’arco di 24 ore, infatti, i seguenti indici raggiungono i loro valori massimali:
• la concentrazione plasmatica di interluchina1 (IL1) – Evans e coll., 1986;
• la lattico deidrogenasi (LDH) – Fridén e coll., 1989; Maughan e coll., 1989; Tiidus & Ianuzzo, 1983;
• la asportato amino transferasi (ASAT o SGOT) – Mughini e coll., 1989; Fridén e coll., 1989; Tiidus & Ianuzzo, 1983;
• i livelli di fosfato inorganico (Pi) – Aldridge e coll., 1986.
Inoltre, occorre segnalare l’innalzamento dei valori di creatinchinasi plasmatica (CPK), che però possono raggiungere la loro punta massima anche cinque o sei giorni dopo l’esercizio (Evans e coll., 1986; Newham e coll., 1986; Jones e coll., 1987; Newham e coll., 1987; Clarkson & Dedrick, 1988). Al contrario, non subirebbero nessuna variazione i valori di pH intracellulare (Aldridge e coll., 1986).
In ultimo ricordiamo alcuni studi, relativamente recenti, che indicherebbero come l’elevazione del tasso serico delle catene pesanti della miosina (MHC), e in particolare delleMHC di tipo veloce, dosate 24 ore dopo l’evento scatenante, possano essere considerate come un marker specifico del DOMS, ma anche di traumi elongativi e lesioni di 1° grado (Guerrero e coll., 2007).
Tuttavia, al di là dell’innegabile interesse che questo tipo di indagine può suscitare, la classificazione delle lesioni utilizzata dagli Autori ci sembra poco precisa; quindi riteniamo che necessitino ulteriori studi, che utilizzino una classificazione lesionale più appropriata, grazie ai quali sia possibile confermare tali dati.

Gli adattamenti indotti dall’esercizio eccentrico
Il muscolo scheletrico umano presenta una spiccata capacità adattativa nei confronti dello stimolo meccanico rappresentato dalla contrazione eccentrica, molto maggiore di quanto non sia la sua capacità di adattamento nei confronti della contrazione concentrica (Clarkson & Dedrick, 1988). Questo fenomeno è conosciuto come repeated bout effect o rapid adaptation (Hortobagyi, Houmard, Fraser, 1998; Nosaka & Clarkson, 1995). L’effetto a breve termine dell’esercizio eccentrico è infatti quello d’indurre un profondo adattamento muscolare allo stimolo meccanico, che si traduce, già alla seconda seduta di allenamento, in una diminuzione dello stimolo algico soggettivo e in un’obiettiva diminuzione della concentrazione ematica di CK (Newham e coll., 1986; Clarkson & Dedrick, 1988; Clarkson & Tremblay, 1988). Gli esercizi basati sulla contrazione concentrica non sono, al contrario, in grado di provocare lo stesso grado di adattamento funzionale (Schwane e coll., 1987). È probabile che questo rapido effetto adattivo causato dall’esercizio eccentrico di alta intensità sia da ricondursi alla necrosi muscolare delle fibre inadatte alla tolleranza meccanica della contrazione eccentrica intensa. In tal modo verrebbero in un certo qual modo “selezionate” fisiologicamente le fibre che presentano delle caratteristiche contrattili consone alla richiesta funzionale imposta, mentre quelle inadatte verrebbero eliminate. Per utilizzare un “allegoria fisiologica” potremmo definire questo processo come una sorta di “apoptosi funzionale indotta”. Soprattutto questo quadro comportamentale di tipo funzionale del muscolo nei confronti dello stimolo meccanico rappresentato dalla contrazione eccentrica, ci deve sottolineare l’importantissimo ruolo che l’allenamento eccentrico riveste nell’ambito della prevenzione dei danni muscolari. Oltre a ciò è importante evidenziare come nel corso della contrazione eccentrica avvenga un reclutamento preferenziale delle fibre a contrazione rapida (Fridén e coll., 1983; Potvin, 1997), per cui dal momento che queste ultime rappresentano la tipologia di fibre maggiormente a rischio di danno strutturale (Garret e coll., 1984; Fridén & Lieber, 1992), l’esercizio eccentrico rappresenterebbe, di fatto, un mezzo preventivo altamente specifico al riguardo (Dick & Cavanagh, 1987; Komi e coll., 1987; O’Reilly e coll., 1987; Romano & Schiepatti, 1987; Sargeant & Dolan, 1987). L’effetto profilattico della contrazione eccentrica nei confronti degli eventi lesivi sarebbe, tuttavia, strettamente correlato all’ampiezza della contrazione eccentrica stessa. L’effetto protettivo massimale si otterrebbe, infatti, nel momento in cui si riesca a sollecitare l’intero range di movimento muscolare (Harrison & Gaffney, 2004;McHugh & Pasiakos, 2004).

DOMS e terapia farmacologica
In letteratura è riscontrabile un largo, anche se non totale, consenso inmerito all’inefficacia della terapia farmacologica basata sui FANS nei confronti del DOMS (Donnelly e coll., 1988; Francis e Hobbler, 1987; Jones e coll., 1987; Salaminen& Kilström, 1987). Anche la somministrazione di aspirina o di vitamina E si è dimostrata inefficace nel ridurre la sintomatologia post-esercizio eccentrico (Francis&Hubler, 1986; Travell&Simons, 1983).Vi è un solo studio, desunto dall’esperienza clinica, che segnalerebbe una diminuzione della sintomatologia algica e della rigiditàmuscolare susseguente a esercizio eccentrico intenso grazie alla somministrazione di vitamina C sotto forma retard; tuttavia, occorre segnalare che questa teoria non è stata suffragata da prove sperimentali sufficientemente convincenti (Travell&Simons, 1983).

Le terapie fisiche e il DOMS
In bibliografia si ritrovano numerosi studi inerenti le diverse terapie fisiche utilizzate allo scopo dimitigare gli effetti del DOMS e/o accelerarne i tempi di recupero. Schematicamente possiamo riassumere i principalimezzi fisioterapici adottati e i risultati ottenuti sulla base delle evidenze scientifiche reperibili.

Crioterapia
L’utilizzo della crioterapia allo scopo sia di limitare l’insorgenza del DOMS sia di accelerarne i tempi di recupero non sembra trovare un razionale scientifico di applicazione (Isabell e coll., 1992; Paddon-Jones & Quigley, 1997; Eston & Peters, 1999).

Ultrasuono terapia
Nemmeno l’utilizzo dell’ultrasuono terapia sia a basse sia ad alte dosi di somministrazione sembrerebbe avere un effetto positivo nel mitigare la sintomatologia algica e l’impotenza funzionale legata al DOMS (Ciccone e coll., 1991; Craig e coll., 1996). Occorre comunque sottolineare che i risultati di questi studi sono fortemente influenzati dai parametri tecnici utilizzati nei diversi protocolli proposti, come la frequenza, l’intensità, la modalità di somministrazione (continua o pulsata), nonché dalle aree anatomiche trattate.

Elettroterapia
L’utilizzo dell’elettroterapia trova risultati discordanti: se da un lato alcuniAutori evidenziano a fronte di questo tipo di trattamento un decremento del DOMS (Denegar & Perrin, 1982; Craig e coll., 1996; Bisciotti, 2003), altri giudicano questo tipo di approccio come inefficace (Weber e coll., 1994). Anche in questo caso, esattamente come nell’ambito dell’ultrasuonoterapia, l’efficacia o l’inefficacia del protocollo adottato dipende fortemente dai parametri tecnici di somministrazione della corrente adottati.

Il massaggio
Anche per ciò che riguarda il massaggio, effettuato immediatamente dopo l’esercizio fisico inducente il DOMS, i risultati sono contrastanti.Alcuni studi sottolineerebbero la totale inefficacia del massaggio effettuato 24 e 48 ore dopo l’esercizio nel mitigare gli effetti del DOMS (Lighfoot e coll., 1997); altri riporterebbero un leggero miglioramento della sintomatologia algica, comunque non associato a un contestuale recupero precoce della contrattilità, intesa in termini di accresciuta produzione di forza (Hilbert e coll., 2003), mentre altri ancora attribuirebbero all’uso del massaggio sia un effettivo decremento della sintomatologia algica sia un sostanziale incremento nell’espressione di forza contrattile (Mancinelli e coll., 2005). Anche in questo caso i diversi tempi di somministrazione del massaggio, come le diverse tecniche utilizzate, non ci permettono di avere una visione obiettiva dell’efficacia di questo tipo di approccio fisioterapico nell’ambito del DOMS

 
 
 
   
                     
                     
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