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Argomento: |
Fisiologia
e biomeccanica |
Data: |
2005 |
Testata: |
SdS. Anno XXIV, 66: 53-59, 2005 |
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Aspetti neurofisiologici ed applicativi dell'allenamento
vibratorio
di
Gian Nicola Bisciotti Ph. D.
Centro di Ricerca e dInnovazione per lo Sport, Facoltà di Scienze dello Sport dellUniversità Claude Bernard di Lione (F)
Abstract: Gli effetti della somministrazione controllata di vibrazioni sul corpo umano sono noti sin dal 1949, data del primo lavoro scientifico nellambito specifico. Tuttavia, solamente quaranta anni più tardi fu scientificamente riconosciuto il valore terapeutico delle vibrazioni per ciò che riguarda il loro effetto osteogenico, che giustifica la loro applicazione in medicina geriatrica in senso generale ed in alcune patologie specifiche come losteoporosi. Inoltre, recentemente gli effetti fisiologici indotti dalle vibrazioni, sono stati sfruttati per indurre particolari adattamenti, in termini di aumento della forza contrattile nei suoi vari aspetti, anche in campo sportivo. Lo scopo di questa review è quello di definire i vari campi applicativi dellallenamento vibratorio e di chiarire i principi fisiologici che giustificano il loro razionale di utilizzo.
Introduzione
Quotidianamente, probabilmente nella maggior parte dei casi senza nemmeno rendercene conto, il nostro corpo è sottoposto a vibrazioni di differente tipo, basti pensare a quando viaggiamo in autobus, in treno, oppure in automobile, solamente per citare i casi più ordinari. Molte altre categorie di persone invece, sottopongono il loro corpo a vibrazioni di ben altro genere, come quelle causate da macchinari quali i veicoli pesanti, i martelli pneumatici, oppure molti altri utensili manuali. Esattamente come per il caso del nostro apparato acustico, che può captare suoni piacevoli oppure estremamente sgradevoli, il nostro corpo può essere sottoposto a vibrazioni del tutto gradevoli, come ad esempio il leggero beccheggio od il piacevole rollio di una barca, oppure decisamente spiacevoli, come nel caso in cui si percorresse una strada dissestata con un mezzo scarsamente ammortizzato. Da un punto di vista meccanico, possiamo affermare che un corpo vibra quando questultimo descrive un movimento di tipo oscillatorio intorno ad una posizione di riferimento. Se prendiamo come esempio un modello meccanico costituito da un corpo di massa m, che sia vincolato ad una molla la cui costante elastica viene indicata con K e lo poniamo in oscillazione, potremo osservare come la massa m si muova con regolarità nei confronti della posizione di equilibrio statico. Inoltre, potremo notare come il movimento osservabile abbia un carattere periodico, in altre parole, ad intervalli di tempo regolari si riprodurrà eguale a se stesso (figura 1)
Figura 1: in un sistema costituito da una massa vincolata ad una molla e posto in oscillazione si produrrà un movimento regolare di carattere periodico.
In figura 1 è rappresentata quella che può essere definita come la più semplice delle funzioni periodiche, ossia il "moto armonico". Landamento in funzione del tempo di questa funzione è rappresentato da un onda di tipo sinusoidale descrivibile dalla sua ampiezza D e dal suo periodo T.
Il numero dei cicli completi compiuti durante lunità di tempo, ossia durante un secondo, è detto frequenza, la quale viene misurata in Hertz (Hz). La frequenza è legata matematicamente al periodo T attraverso la seguente relazione:
f = 1/T
Dove f è la frequenza espressa in Hz e T il periodo espresso in secondi.
Per cui ad esempio ad un periodo di 0,04 secondi corrisponderà un frequenza di 25 Hz.
Le vibrazioni possono essere suddivise in due gruppi principali: le vibrazioni deterministiche e le vibrazioni random.
Appartengono al primo gruppo tutte le vibrazioni che possono essere descritte grazie a delle espressioni matematiche in grado quantificare le variazioni, in funzione del tempo, dei valori istantanei dampiezza. Tipiche di questo gruppo sono le vibrazioni provocate dai macchinari di tipo meccanico (fig. 2).
Fig 2: le vibrazioni provate dalle strumentazioni meccaniche costituiscono tipici esempi di vibrazioni deterministiche.
I fenomeni appartenenti al secondo gruppo, ossia le vibrazioni random, possono al contrario essere descritti solamente attraverso dei parametri statistici, dato che costituiscono fenomeni vibratori il cui andamento nel tempo descrive un moto irregolare e del tutto casuale, tale da rendere impossibile la previsione del suo valore istantaneo. Una carriola di sassi che viene svuotata costituisce un tipico esempio di vibrazioni random (figura 3).
Figura 3: le vibrazioni random sono fenomeni irregolari ed imprevedibili come nel caso della caduta di un carico di sassi (riquadro A). Ai fenomeni non periodici appartengono anche gli shock meccanici, causati da improvvisi rilasci denergia, come nel caso di un esplosione oppure di un impatto: la loro durata è tipicamente infinitesimale, tendente a zero (riquadro B).
Riconsideriamo ora il sistema meccanico massa-molla, descritto in figura 1 e poniamolo in oscillazione avendo come riferimento un punto x posto sulla massa m. Nel momento in cui il sistema oscilla il punto x si sposta di un certo valore (misurabile in metri, millimetri, oppure micron nel caso di spostamenti di ridottissima ampiezza). Questo spostamento viene compiuto in un certo tempo, da questo consegue che si possa considerare la sua dinamica anche in termini di velocità e daccelerazione (figura 4). Laccelerazione, come vedremo in seguito, costituisce uno dei parametri cruciali dellallenamento vibratorio (AV).
Figura 4: in un sistema in oscillazione sono misurabili, oltre che la frequenza e lampiezza delloscillazione, i parametri di velocità e d accelerazione.
Lesposizione alle vibrazioni può avere serie ripercussioni sullorganismo umano ed animale, non a caso esistono delle normative ben precise a questo proposito nellambito della medicine del lavoro; tuttavia il punto cruciale concernente la positività o la negatività dellesposizione alle vibrazioni è costituito dalla loro frequenza ed ampiezza nonché dalla durata dellesposizione stessa. I risultati degli studi scientifici in proposito, indicano come un periodo desposizione ridotto ed una frequenza di vibrazione dellordine di 20-30 Hz non solo non comportino alcun effetto negativo a livello organico, ma come, al contrario, possano indurre un positivo adattamento neuromuscolare (Kerschan-Shindl e coll., 2001).
Storiografia
I primi lavori scientifici riguardanti lutilizzo delle vibrazioni a scopo terapeutico sulluomo risalgono al 1949, quando Whedon e coll. (1949), riferirono degli effetti positivi ottenuti grazie allapplicazione di vibrazioni generate da uno speciale letto oscillante, sulle anormalità metaboliche di pazienti allettati in immobilizzazione gessata. Un successivo studio sperimentale (Hettinger, 1956), dimostrò come la somministrazione di vibrazioni di frequenza pari a 50 Hz, e generanti un accelerazione pari a 10 g, fossero in grado di aumentare larea di sezione muscolare, nonché di diminuire il tessuto adiposo allinterno del muscolo stesso. In campo prettamente terapeutico, quasi quaranta anni più tardi, Schiessl (1997a,b) brevettò lutilizzo di un macchinario capace di generare oscillazioni di tipo rotazionale, sempre nello stesso periodo Fritton e coll. (1997) misero a punto una macchina basata sulle oscillazioni di tipo traslatorio. In entrambi i casi il campo applicativo di queste apparecchiature era quello di tentare dottenere una stimolazione sulla crescita ossea, grazie a delle specifiche frequenze che potremmo definire con il termine di "osteogeniche". Un anno più tardi i lavori sperimentali di Flieger e coll. (1998), dimostrarono come nellanimale sottoposto a vibrazioni si registrasse un incremento nella proliferazione ossea. Solamente alla fine degli anni 80 comparvero i primi studi riguardanti il possibile incremento delle capacità contrattili dei muscoli sottoposti a sollecitazioni di tipo vibratorio (Nazarov e Spivak, 1987), da allora le ricerche in questo specifico campo si sono fatte sempre maggiori ed esaustive.
I cambiamenti fisiologici indotti dallAV
Recentemente molti studi testimoniano di come le vibrazioni inducano delle risposte adattive da parte dellapparato neuromuscolare umano sia di tipo metabolico che meccanico. Da tempo è nota la correlazione esistente tra la specificità della disciplina sportiva praticata ed il profilo ormonale dellatleta: atleti praticanti discipline di tipo esplosivo-balistico, come ad esempio gli sprinter, possiedono un alta concentrazione basale di testosterone (T) (Kraemer e coll., 1995; Bosco e coll, 1996). Lesercizio infatti è in grado dindurre una significativa risposta ormonale, non solo in termini dadattamento acuto allesercizio stesso, ma anche sotto forma di riposta a lungo termine nei confronti di questultimo (Inoue e coll., 1994; Viru, 1994; Kraemer e coll., 1996). Anche lAV è in grado dindurre simili risposte ormonali di tipo adattivo, specificatamente una seduta di AV provoca un aumento della concentrazione di T ed ormone somatotropo (GH) contestualmente ad una diminuzione della concentrazione di cortisolo (C) (Bosco e coll., 2000). Laumento di T e GH è riconducibile allazione dei metaborecettori muscolari (Kjaer, 1992), mentre la diminuzione del C è probabilmente da imputarsi ad uninsufficiente effetto stimolatorio del comando motorio centrale e del feedback nervoso a livello della muscolatura scheletrica (Knigge e Hays, 1963; Bosco e coll., 2000). Sembrerebbe quindi che lAV, se opportunamente reiterato, possa indurre degli adattamenti ormonali stabili che testimonierebbero di un altrettanto stabile adattamento, in termini migliorativi, della funzione neuromuscolare (Bosco e coll., 2000).
Un altro effetto provocato dalle vibrazioni meccaniche, applicate al ventre muscolare e/od alla struttura tendinea (10-200 hz), oppure allintero corpo (1-30 Hz), è lattivazione dei recettori dei fusi neuromuscolari (muscle spindle receptors), sia a livello del complesso muscolotendineo direttamente sollecitato, che dei gruppi muscolari adiacenti (Hagbarth e Eklund, 1985; Seidel, 1988). Questo tipo di risposta da parte del muscolo alla sollecitazione vibratoria viene definito con il termine di "riflesso tonico da vibrazione" (RTV) (Hagbarth e Eklund, 1966). E scientificamente ampiamente documentato il fatto che il RTV induca un aumento della forza contrattile dei gruppi muscolari coinvolti (Hagbarth e Eklund, 1966; Johnston e coll, 1970; Arcangel e coll., 1971; Armstrong e coll., 1987; Matyas e coll., 1986; Samuelson e coll., 1989; Bosco e coll., 2000). Questo aumento della capacità contrattile del gruppo muscolare sottoposto a vibrazioni, si traduce in un evidente spostamento verso destra sia della relazione forza-velocità , che di quella forza-potenza (figura 5), che vengono in tal modo fortemente influenzate positivamente (Bosco e coll., 1999). Questi cambiamenti nella risposta neuromuscolare sono da attribuirsi principalmente allaumento dellattività dei centri motori superiori (Milner-Brown e coll., 1975) ed al sostanziale miglioramento dei comandi nervosi che regolano la risposta neuromuscolare (Bosco e coll., 1998). In effetti, il complesso muscolotendineo sottoposto a vibrazione sopporta dei modesti, ma comunque significativi, cambiamenti della propria lunghezza, di tipo ritmico (Kerschan-Shindl e coll., 2001), che fanno si che lAV sia sostanzialmente assimilabile ad un cadenzato susseguirsi di contrazioni concentriche ed eccentriche di piccola ampiezza (Rittweger e coll., 2001). Questo particolare comportamento meccanico potrebbe indurre una facilitazione nelleccitabilità del riflesso spinale (Burke e coll, 1996). A questo proposito, alcuni Autori (Burke e coll., 1976) avanzano lipotesi che il RTV operi in modo predominante, se non esclusivo, attraverso gli a motoneuroni e non utilizzi gli stessi patterns corticali efferenti di cui si avvale il movimento volontario. Tuttavia, è anche possibile ipotizzare che il RTV, indotto dalle vibrazioni stesse, induca un aumento del reclutamento delle unità motorie tramite un attivazione dei fusi neuromuscolare ed i pattern di attivazione polisinaptici (De Gail e coll., 1966). Contestualmente e coerentemente a questo particolare adattamento neuromuscolare, lAV provoca una diminuzione del rapporto intercorrente tra segnale mioelettrico di superficie e produzione di potenza, ossia della ratio EMG/P. Un decremento della ratio EMG/P indica verosimilmente un miglioramento nellefficienza neuromuscolare (Bosco e coll., 2000). Un ultimo, ma non meno importante parametro fisiologico sul quale le vibrazioni possono influire è costituto dalla circolazione sanguigna, lAV può infatti determinare una riduzione della viscosità del sangue ed un aumento della velocità media del flusso circolario (Kerschan e coll., 2001).
A
B
Figura 5: L aumento della capacità contrattile dei distretti muscolari sottoposto ad AV, si traduce in un sostanziale ed evidente spostamento verso destra sia della relazione forza-velocità (riquadro A), che di quella forza-potenza (riquadro B), che subiscono in tal modo un forte incremento positivo.
Lapplicazione delle vibrazioni in medicina geriatrica
Uno degli ambiti dintervento primari della medicina geriatrica è costituito dalla ricerca di strategie atte al raggiungimento dellindipendenza funzionale del paziente ed al raggiungimento di una qualità di vita soddisfacente e/o comunque ad un suo miglioramento.
Gli obbiettivi principali che queste strategie si pongono in termini concreti, sono la diminuzione e la prevenzione del disagio funzionale normalmente correlato alletà anagrafica del paziente, oltre che la restituzione dellindipendenza funzionale del paziente stesso dopo che questultimo abbia attraversato un periodo di malattia acuta. Lindipendenza funzionale in questi casi costituisce il fattore cruciale in grado di determinare la qualità ed il tipo dintervento, anche perché il concetto stesso dindipendenza funzionale è fortemente condizionato dalle aspettative di qualità di vita da parte del soggetto. A questo proposito è importante sottolineare come alcuni studi sottolineino la differenza intercorrente tra laspettativa di vita, espressa in termini di longevità, della popolazione femminile, e laspettativa formulata in termini defficienza fisica da parte della stessa. Infatti se da una parte è ben nota lalta aspettativa di vita della popolazione femminile in termini detà, appare quanto meno controverso e problematico il fatto che, per ciò che riguarda laspettativa defficienza fisica, la popolazione maschile raggiunga livelli decisamente superiori (Runge e coll., 2000). Questa sproporzionalità tra longevità ed efficienza funzionale nella popolazione femminile è stata spesso definita con il termine di "paradosso gerontologico". Il fattore chiave nella determinazione della funzionalità dellapparato locomotore in età geriatrica è costituito dalla funzionalità muscolare degli arti inferiori, seguito dalla mobilità muscolo-articolare, dalla biomeccanica del cammino e dallequilibrio statico e dinamico (Guralnick e coll., 1995). Tuttavia, alcuni Autori suggeriscono come il fattore cruciale al fine di prevenire perdite dequilibrio che possano causare cadute durante la deambulazione, sia la potenza muscolare, ossia il prodotto tra la velocità e la forza muscolare sviluppata durante il movimento stesso (Range e coll., 2000). La capacità della muscolatura degli arti inferiori nel generare potenza può quindi, a giusta ragione, essere considerato come il fattore cruciale nella prevenzione delle cadute nel soggetto anziano. Lincidenza delle fratture danca dovuta alle cadute, raggiunge infatti nella popolazione anziana, cifre drammatiche, dellordine del 90% e questo senza considerare le cosiddette fratture danca "osteoporotiche". Un fattore importante a questo proposito e che merita senza dubbio dessere citato, è costituito dal fatto che la forza generabile da un complesso muscolare è comunque fortemente correlata allo sviluppo della massa ossea ed alla sua capacità di resistenza meccanica, in conformità a quanto enunciato dal paradigma di Utah (Frost e coll., 2002). Inoltre, la situazione di precarietà funzionale, dovuta al deficit muscolare e capace di ingenerare un alto rischio devento traumatico viene, nel soggetto anziano, ulteriormente aggravata nel caso di un sovraccarico ponderale (Pinilla e coll., 1996). Dal momento che le fratture danca costituiscono uno dei traumi più tragici in grado diinfluenzare pesantemente le aspettative di vita del soggetto anziano, oltre naturalmente al suo declino funzionale, diviene imperativa, nellambito della medicina geriatrica, la ricerca di tutta una serie di strategie atte alla prevenzione ed alla diminuzione di tale evento. La prevenzione delle cadute quindi ricade esattamente in questo ambito , dal momento che questa ultime, come prima sottolineato, costituiscono il principale fattore di rischio. Mettere il soggetto anziano in condizione di poter prevenire uneventuale caduta dalla posizione eretta, significa metterlo in grado di poter avere una rapida ed efficace risposta neuro-muscolare che si adatti perfettamente alla perturbazione dellequilibrio subita (Guralnick e coll., 1995; Cummings e coll., 1995). Recenti studi (Range e coll., 2000) hanno dimostrato come, su di una popolazione anziana (139 donne e 73 uomini di età media 70,5 ± 6,78 anni, range compreso tra 60 e 90 anni) un programma dallenamento della durata di due mesi, basato sulla somministrazione di vibrazioni generate da una piattaforma ad asse sagittale (Galileo 2000, Novotec Pforzheim, Germany), attraverso i seguenti parametri: frequenza delle vibrazioni pari a 27 Hz, ampiezza delle oscillazioni laterali di 7-14 mm, durata dellallenamento pari a 3 serie di 2 ciascuna, con cadenza trisettimanale, fosse in grado di migliorare la potenza degli arti inferiori, misurata attraverso un test specifico di sollevamento dalla posizione seduta, di ben il 36%. Questi dati ci dimostrano come lAV sia in grado di spezzare il circolo vizioso che tipicamente sinstaura in una popolazione anziana, creato dal fatto che nel paziente geriatrico la forza è strettamente dipendente dalle caratteristiche meccaniche della struttura ossea, fattore questultimo, in costante decadimento con lavanzare delletà. Oltre a ciò, non bisogna dimenticare il fatto che normalmente il paziente anziano non presenta una grande compliance nei confronti di un programma di condizionamento fisico, soprattutto se questultimo, allo scopo di ottenere i migliori risultati, risulti essere di una certa intensità (Delecluse e coll., 2003). In questi casi lAV si dimostra particolarmente efficace proprio grazie al suo alto potenziale terapeutico nellambito di un contesto particolare come quello geriatrico. LAV infatti, deve essere considerato a tutti gli effetti alla stessa stregua di un esercizio attivo. Lobiezione, spesso posta, che lAV provochi solamente una sorta di "spostamento passivo" della struttura ossea senza alcun coinvolgimento muscolare, è stata infatti smentita da alcuni recenti studi che dimostrerebbero, come durante lAV stesso, sia registrabile un aumento della captazione di O2 da parte della muscolatura coinvolta, a testimonianza del suo coinvolgimento attivo (Rittweger e coll., 2000; 2001). LAV, in ultima analisi, deve essere considerato come unattività nel corso della quale la muscolatura coinvolta viene sollecita attraverso una rapida successione di brevi ed intense contrazioni eccentriche e concentriche (Rittweger e coll., 2001). Inoltre, dato il coinvolgimento attivo della muscolatura sottoposta a tale tipo di sollecitazione, lAV comporta un costo energetico ben quantificabile, ad esempio un AV basato su di una frequenza di 26 Hz e con 6 mm dampiezza oscillatoria, comporta un costo energetico paragonabile a quello del cammino moderato (Zamparo e coll., 1992), oltretutto questo costo energetico può essere incrementato aumentando la frequenza e lampiezza delle vibrazioni stesse (Rittwerger e coll., 2000).
Lapplicazione delle vibrazioni nella terapia dellosteoporosi
Losteoporosi è un osteopatia metabolica ad eziologia complessa, caratterizzata da una riduzione localizzata o generalizzata di tessuto osseo, la cui matrice osteoide, a seguito di uno squilibrio tra velocità di sintesi e velocità di degradazione, pur rimanendo normalmente mineralizzata, risulta essere quantitativamente ridotta. Allesame radiologico sono evidenziabili una rarefazione ossea, un assottigliamento ed una riduzione numerica delle trabecole, nonché un aumento degli spazi midollari. Si distingue una forma senile e post-menopausale, ed una forma secondaria ad immobilizzazione prolungata od a disturbi endocrini. In particolare, nella popolazione femminile, il deficit di estrogeni che si registra nel periodo della menopausa, causa un accelerato turnover osseo ed una perdita di massa ossea (Flieger e coll., 1998; Stepan e coll., 1987), per questo motivo losteoporosi colpisce una donna su quattro, mentre nella popolazione maschile il rapporto è di un uomo su otto. Losteoporosi saccompagna a dolorabilità ossea, deformità scheletriche (in particolare cifosi), e ad una maggiore predisposizione alle fratture. Questa patologia ha ormai assunto, dato il progressivo aumento delletà media della popolazione, le dimensioni di un vero e proprio problema socio-economico, che affligge la popolazione anziana su scala planetaria (Flieger e coll., 1998), solamente in Italia il costo sociale di questa malattia ammonta a cinquecento milioni di Euro annui. Lesercizio fisico è fortemente raccomandato ai pazienti afflitti da osteoporosi, sia nellambito del suo trattamento, che come forma di terapia preventiva (Flieger e coll, 1998). In effetti, la fisiologica stimolazione meccanica indotta dallesercizio, si rivela particolarmente utile sia nel limitare la perdita ossea, che nello stimolare lincremento della massa ossea stessa (Dalsky e coll., 1998; Smith e coll., 1989). La spiegazione del benefico effetto dellesercizio fisico, risiederebbe nel fatto che la struttura ossea sottoposta ad un alto livello di stress meccanico, come nel caso dellesercizio intenso, sarebbe in grado di sopprimere il meccanismo di rimodellamento osseo facilitandone in tal modo il processo conservativo (Frost , 1987; Frost, 1988; Frost, 1992). Tuttavia, solamente esercitazioni intense e prolungate si dimostrano in grado dinfluenzare positivamente la densità minerale della massa ossea (BMD), esercizi che quindi mal si adattano, proprio a causa della loro intensità e durata, ad una popolazione anziana (Chestnut, 1993; Gutin e Kasper, 1992). LAV, al contrario, permette una sollecitazione intensa dellapparato scheletrico e muscolare, senza richiede un alto grado dimpegno da parte del paziente, rivelandosi in tal modo una strategia dintervento particolarmente adatta nel caso del paziente anziano osteoporotico (Flieger e coll., 1997). Lapplicazione della terapia vibratoria è infatti in grado di interferire positivamente sul metabolismo osseo (Stepa e coll., 1987; Christiansen e coll., 1980; Seireg e Kempke, 1969; Elson e Watts, 1980), anche in presenza di una degenerazione osteoporotica ( Petrofski e Phillips, 1984; Flieger e coll., 1997; Rittwerger e coll., 2000). Data levidenza di come lAV sia in grado di favorire un aumento della BMD, possiamo quindi affermare che questultimo possa costituire un mezzo terapeutico delezione in medicina geriatrica nellambito delle terapia atte alla cura ed alla prevenzione dellosteoporosi.
Vibrazioni e prestazione
Ad oggi sono numerosi gli studi inerenti i possibili effetti positivi dellAV sulla prestazione. Bosco e coll. (1998) riferiscono di come un allenamento della durata di 10 giorni costituito dalla somministrazione di vibrazioni sinusoidali ad una frequenza di 26 Hz, in ragione di 5 serie giornaliere della durata di 90 secondi ciascuna, abbia portato ad un significativo incremento della produzione di potenza meccanica durante lesercitazione di salti continui della durata di 5 secondi. Runge e coll. (2000) riferiscono di un aumento del 18% della potenza degli arti inferiori in una popolazione anziana sottoposta ad AV con le seguenti modalità: 3 sedute a settimana, 3 serie da 2 minuti alla frequenza di 27 Hz, per una durata complessiva di 12 settimane. Un altro recente studio (Torvinen e coll., 2002) riporta di un significativo aumento della prestazione di salto, pari all8.5%, dopo 4 mesi di AV condotto su di un gruppo di adulti non-atleti. Decluse e coll. (2003) registrano, dopo un AV condotto rispettando i seguenti parametri: intensità e durata delle sedute progressiva (inizialmente 3 portati a 20 alla fine del periodo dallenamento), frequenza compresa tra 35 e 40 Hz, frequenza degli allenamenti trisettimanale, durata totale 12 settimane, un aumento significativo sia della forza isometrica, che di quella dinamica degli arti inferiori pari rispettivamente al 16.6 ed al 9.0 %. Alla luce di questi risultati, appare chiaro come lAV comporti un adattamento biologico che risulta in ultima analisi essere correlato ad un effetto di potenziamento neurale, simile a quello indotto dallallenamento di forza e/o di potenza. Recentemente alcuni Autori (Carrol e coll., 2001; Carrol e coll., 2002)hanno avanzato lipotesi che lallenamento di forza possa modificare le connessioni tra le cellule corticospinali ed i motoneuroni spinali. Gli interneuroni dislocati nel midollo spinale ricevono input sia dalle fibre afferenti, che da quelle discendenti, oltre che dalle fibre di altri interneuroni, influenzando a loro volta lattività dei motoneuroni. Linterazione di questi diversi input determina le modalità di reclutamento delle unità motorie nel corso del movimento. Durante lAV questo pattern propriocettivo viene fortemente stimolato, lincremento della forza che si registra dopo un periodo dallenamento è in parte imputabile, soprattutto nel primo periodo in cui non si è ancora verificato alcun fenomeno ipertrofico, ad unottimizzazione di questo meccanismo di feedback propriocettivo (Gandevia, 2001). Laumento transitorio della forza contrattile e della produzione di potenza da parte del muscolo dopo essere stato sottoposto a vibrazione potrebbe basarsi sugli stessi meccanismi di facilitazione neurale (Delecluse e coll., 2003). Inoltre alcuni studi dimostrerebbero come lAV possa migliorare la capacità di forza esplosiva grazie ad una maggiore sincronizzazione delle unità motorie implicate movimento, oltre che ad un miglioramento della coordinazione dei muscoli sinergici unito ad un aumento dellinibizione degli antagonisti (Bosco e coll., 2000). Tuttavia, è corretto ricordare come alcuni Autori riportino come leffetto di potenziamento del gesto indotto dalle vibrazioni, sia di tipo transitorio e si vanifichi nellarco di circa 60 dopo la somministrazione delle stesse (Torvinen e coll., 2002; Delecluse e coll., 2003). Questa transitorietà del potenziamento provocato dalle vibrazioni può esser spiegato da due fattori: il primo dei quali è costituito dal fatto che il RTV induce un sostanziale ma temporaneo miglioramento dellutilizzo del riflesso miotattico da stiramento (Delecluse e coll., 2003) ed il secondo invece basato sullinfluenza positiva esercitata dal RTV nel facilitare la produzione di unalta frequenza di scarico nelle unità motorie ad alta soglia dattivazione, ossia quelle costituite da fibre di tipo FT (Bongiovanni e coll., 1990). E comunque importante sottolineare, che al di la di questo particolare aspetto, lAV effettuato in maniera razionale e sistematica, può indurre positivi e duraturi adattamenti neuromuscolari (Bosco e coll., 1999). Un ulteriore interessante aspetto dellAV è che attraverso questultimo è possibile effettuare una stimolazione preferenziale delle fibre di tipo FT (Rittweger e coll., 2001). Questa selettività di reclutamento sarebbe dovuta al fatto che il RTV viene trasmesso grazie allattivazione delle fibre Ia afferenti, le quali sono responsabili, tramite gli a motoneuroni, principalmente dellattivazione delle fibre muscolari di tipo II (Hagbarth, 1973).In effetti durante lAV il corpo subisce delle importantissime sollecitazioni accelerative, ad esempio ad una frequenza di 30 Hz con un ampiezza doscillazione di 5 mm, si è sottoposti ad un accelerazione pari a 18 volte laccelerazione di gravità (Rittweger e coll., 2001), mentre in una classica esercitazione di Drop Jump (salto preceduto da una caduta verso il basso) laccelerazione sviluppata risulta pari a solamente 5 g. Il fatto di essere sottoposti a forze accelerative di simile entità può risultare un fattore cruciale nel determinare un incremento della potenza espressa nelle azioni balistiche che, di fatto, sono caratterizzate dalla possibilità, da parte dellatleta, di poter produrre importantissime forze accelerative (Bosco e coll., 2000). Sempre a questo proposito, al fine di sottolineare il potenziale defficacia dellAV, basti pensare che 10 minuti di AV durante il quale si sia sottoposti ad un accelerazione di 17 g , corrispondono allo stesso carico accelerativo che si svilupperebbe effettuando per 40 sedute dallenamento 200 drop jumps cadendo dallaltezza di 100 cm (Bosco e coll., 2000). Un ultimo importante aspetto delle vibrazioni è leffetto miorilassante indotto da queste ultime a particolari frequenze di somministrazione (18-20 Hz) (Rittweger e coll., 2003). Questo particolare aspetto può essere di grande importanza al fine di ottimizzare e/o complementare i programmi di lavoro basati su tecniche di stretching, oppure in protocolli riabilitativi specifici, come nel caso ad esempio del lower back pain (Rittweger e coll., 2003; Rittweger e coll., 2002).
Conclusioni.
LAV si presenta quindi particolarmente efficace in tre campi applicativi tra loro ben distinti:
nellambito delle strategie rivolte a particolari patologie geriatriche, come nel caso dellosteoporosi, e comunque in tutti quei piani riabilitativi e non atti al miglioramento della qualità di vita, intesa in termini di livello di funzionalità articolare, muscolare e neuromuscolare, del soggetto dinteresse geriatrico.
Nel campo dellallenamento sportivo, soprattutto quando questultimo sia rivolto allincremento dei livelli di forza esplosiva, rivelandosi di fatto unottima metodica alternative e/o complementare allallenamento di forza classico (Delecluse e coll., 2003).
Come parte integrante di tutti i programmi in cui si ricerchi la massima estensibilità arto-muscolare nonché nei piani di lavoro rivolti a patologie algiche di carattere cronico che possano trarre beneficio da un incremento della compliance muscolo-tendinea (Rittweger e coll., 2002).
Tabella 1: sintesi dei possibili campi applicativi dellallenamento vibratorio
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GLOSSARIO
Amniota:
dal greco amnion, agnellino, sacco per la raccolta di
sangue sacrificale. Superclasse che comprende i Tetrapodi
i cui embrioni sono provvisti di amnios e di allantoide
(Rettili, Uccelli e Mammiferi), capaci di riprodursi e
compiere il loro sviluppo embrionale nell'ambiente aereo.
Collagene o collageno:
proteina semplice, fibrosa, contenuta nei tessuti connettivi,
in particolare nelle fibre collagene e reticolari, ai
quali conferisce una notevole resistenza meccanica alla
tensione. Il collageno è costituito da unità
di tropocollageno, caratterizzate dalla presenza di aminoacidi
rari quali l'idrossiprolina e l'idrossilisina, associate
in strutture superiori ordinate. Per ebollizione in acqua
dà luogo alla formazione di gelatina.
Lamina basale:
struttura strettamente accollata al plasmalemma
di alcuni tipi cellulari, specialmente delle cellule epiteliali
sul versante connettivale; nel caso dell'epidermide rappresenta
una componente del complesso giunzionale definito membrana
basale. La lamina basale è costituita da proteoglicani
e glicoproteine.
Glicosaminoglicano:
polisaccaride acido complesso, generalmente costituente
la catena polisaccaridica di un protidoglicano. I glicosaminoglicani
sono costituiti prevalentemente da catene polimeriche
di unità quali l'acido glucuronico, l'N-acetil-glucosamina,
l'N-acetil-galattosamina, l'N-acetil-galattosamina esterificata
in posizione 4 o 6 da residui di acido solforico, ecc.
Essi sono per lo più sostanze acide altamente idratate,
gelatinose e viscose, presenti soprattutto nella sostanza
connettivale fondamentale, nella cartilagine, nell'osso,
nel liquido sinoviale articolare, nell'umor vitreo dell'occhio
e sui rivestimenti cellulari esterni. I principali glicosaminoglicani
sono l'acido ialuronico, il condroitinsolfato, il dermatansolfato,
il cheratansolfato, l'eparansolfato e l'eparina.
Acido ialuronico:
principale glicosaminoglicano della sostanza
fondamentale del tessuto connettivo. Le molecole di acido
ialuronico sono polimeri quasi lineari di peso molecolare
molto elevato (105-106 dalton), la cui unità ripetitiva
è costituita da un residuo di N-acetilglucosamina
unito con legame b-1,4-glicosidico a uno di acido D-glucuronico.
Quest'ultimo è unito con legame b-1,3-glicosidico
alla successiva unità disaccaridica. L'acido ialuronico
è presente, associato a proteine, anche nel corpo
vitreo dell'occhio, nel liquido sinoviale e nella cute.
La sua demolizione è catalizzata dall'enzima ialuronidasi.
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