Aumento
della resistenza contrattile e cambiamento della
tipologia muscolare nella ricostruzione del legamento
crociato anteriore
di
Bisciotti Gian Nicola 1-5 , Combi Franco
2, Forloni Fabio 3, Petrone
Nilton 4
- Ph.D, Centro
Ricerche Innovazione Sportiva (CRIS) "
Facoltà di Scienze dello Sport, Università
di Lione (F).
- MD., Direttore
Dipartimento Medicina Fisica e Riabilitativa
Azienda Ospedaliera S.Gerardo, Monza (I).
- MD., Centro
Universitario Studi e Ricerche In Medicina e
Traumatologia dello Sport, Università
di Milanoc
- Università
Estacio de Sa, Rio de Janeiro (BR).
- Scuola Universitaria
Interfacoltà in Scienze Motorie, Università
di Torino (I).
Abstract
Nel
presente studio sono stati considerati 13 soggetti
la cui età, peso ed altezza erano rispettivamente
26 ± 2 anni (media ± deviazione standard),
72.3 ± 7.1 kg, 178.6 ± 4.7 cm, tutti
praticanti attività sportiva ed aventi
subito una rottura isolata od associata del LCA
trattata chirurgicamente tramite ricostruzione
artroscopica. Ad ogni soggetto è stato
richiesto di effettuare una contrazione isometrica
a carico del quadricipite femorale dei due arti
inferiori ad un intensità pari al 50% della
forza massimale isometrica sino ad esaurimento
muscolare completo. I tempi di mantenimento della
contrazione a carico dellarto leso e dellarto
sano sono state rispettivamente di 60.00±14.14
secondi (range 82.55 41.99 secondi) e 46.63±11.85
secondi (range 74.0 43.0 secondi). La differenza,
pari al 21.84±8.42%, è risultata essere
statisticamente significativa (p<0.002). Laumento
delle capacità di resistenza muscolare
dellarto patologico è probabilmente
da imputarsi ad unatrofia selettiva delle
fibre di tipo II ed ad una conversione della tipologia
delle fibre stesse da tipo II a tipo I. Inoltre
i valori desunti da tale studio sono stati proposti
come parametro valutativo dei protocolli di lavoro
fisioterapico dopo intervento ricostruttivo di
LCA.
Parole
Chiave
Legamento crociato anteriore, resistenza
muscolare, plasticità muscolare , riabilitazione.
Il
ruolo biomeccanico del LCA
Il
legamento crociato anteriore (LCA) ha origine
dalla zona pre-spinale del tratto tibiale e raggiunge
, con un tragitto obliquo diretto verso lalto,
la zona più alta e posteriore della faccia
mediale e del condilo laterale del femore. Da
un punto di vista anatomico è costituito
da due fasci: il fascio antero- mediale, che risulta
maggiormente lungo e voluminoso ed è a
stretto contatto con il legamento crociato posteriore
(LCP), ed il fascio postero-laterale, di dimensioni
minori e che risulta quasi completamente coperto
dal fascio antero-mediale. Dal punto di vista
funzionale i due fasci hanno un comportamento
diverso, il fascio antero-mediale infatti, a ginocchio
flesso, sopporterebbe la maggior parte del carico
sui tre piani spaziali. Per ben capire la funzione
del LCA occorre descrivere brevemente il meccanismo
di base intercorrente tra la tibia ed il femore.
Il movimento tra tibia e femore è una combinazione
di rotolamento e scivolamento, e risulta un meccanismo
piuttosto complesso che viene appunto realizzato
grazie alla presenza del LCA e del LCP. Durante
la flessione del ginocchio è il LCA che
determina il passaggio dal meccanismo di rotolamento
a quello di scivolamento, mentre nella fase di
estensione è il LCP che determina la cinematica
inversa. Se, semplificando molto da un punto di
vista biomeccanica lanalisi del movimento
del ginocchio, consideriamo solamente il meccanismo
della flesso-estensione sul piano sagittale (in
realtà il movimento è di tipo tridimensionale
e contestualmente al movimento di flesso-estensione
si verificano dei movimenti di rotazione), durante
la flessione si verifica una intrarotazione della
tibia, mentre durante lestensione la tibia
viene extraruotata ( Kapandji, 1983).Se consideriamo
il femore fisso e la tibia mobile (ossia una catena
cinetica aperta), durante la flessione, che viene
determinata dalla contrazione degli ischio-crurali,
avremmo un impegno del LCP, mentre durante lestensione,
provocata dalla contrazione del quadricipite,
il lavoro sarà a carico del LCA. Se al
contrario consideriamo la tibia fissa ed il femore
mobile, come nel caso dappoggio del piede
al suolo (catena cinetica chiusa) il quadricipite
sarà attivo, sia durante lestensione
(attivazione concentrica), che durante la flessione
(attivazione eccentrica) e limpegno del
LCA risulterà continuo. Fa eccezione a
questa regola il caso in cui il quadricipite sia
attivato a ginocchio flesso, in questo caso la
tibia viene spinta posteriormente e le sollecitazioni
sul LCA diminuiscono. Per cui, sul piano sagittale,
il LCA ed il LCP stabilizzano larticolazione
del ginocchio in senso antero-posteriore, in particolare
il LCA si oppone alle eccessive traslazioni anteriori
della tibia e sulle trazioni posteriori del femore
sulla tibia quando questultima risulti fissa,
mentre il LCP contiene le eccessive traslazioni
posteriori della tibia rispetto al femore.
Figura
1: Linsieme delle strutture legamentose
che costituisce il cosiddetto pivot centrale.1)
Legamento crociato anteriore. 2) Legamento crociato
posteriore. 3) Legamento collaterale mediale.
4) legamento collaterale laterale.
Come
può verificarsi il danno strutturale
Il
danno strutturale del LCA non è necessariamente
correlato alla pratica dellattività
sportiva, possono infatti incorrere in questa
patologia individui di ogni età anche non
praticanti alcuna forma di attività sportiva
e ricreativa, seppur ovviamente la maggior percentuale
dinsorgenza lesiva risulta correlata allattività
fisica. Oltre il 60% delle lesioni acute del LCA
è in effetti da mettersi in relazione alla
pratica sportiva, inoltre è da considerarsi
che nelle lesioni acute del ginocchio che evidenzino
un subitaneo emartro (raccolta di sangue entro
la cavità articolare), il LCA è
coinvolto nel 72% dei casi (Noyes e coll., 1980).
Gli sport maggiormente a rischio sono il calcio,
lo sci, la pallavolo ed il basket. Nello sci ad
esempio le fratture della tibia e le distorsioni
di caviglia sono diminuite del 90% mentre le distorsioni
del ginocchio con interessamento dei legamenti
sono passate dal 3% del 1982 al 29% del 1993 (Warme
e coll, 1995). Questa diminuzione, sia dei danni
distorsivi alla caviglia, che delle fratture tibiali,
associata allimpennata della patologia legamentosa,
sembrerebbe essere legata allutilizzo dei
nuovi materiali che si sono diffusi sul mercato.
I
meccanismi che risultano come frequenza maggiormente
associati alla lesione totale o parziale del LCA
sono:
- Lextra-rotazione
in valgo
- La flessione
del ginocchio associata allintrarotazione
- Liperestensione
associata allintrarotazione
In
questi casi il legamento può cedere istantaneamente,
in meno di due centesimi di secondo circa, è
quindi di fatto impossibile per latleta
effettuare una risposta muscolare correttiva di
tipo volontario che richiederebbe tempi maggiori
di 200 millisecondi, questo fattore costituisce
un punto di focale importanza nel protocollo riabilitativo.
Al
momento della lesione normalmente sono legate
sensazioni specifiche da parte del paziente, come
una sensazione di "schiocco" o di rottura
allinterno dellarticolazione del ginocchio,
associate ad un cedimento ed ad una difficoltà
di deambulazione. E inoltre interessante
notare come una recente ricerca abbia dimostrato
che le lesioni al LCA nel calcio siano fortemente
correlate a terreni molto asciutti (Orchard e
coll., 2001). In una percentuale, peraltro molto
bassa, dei casi, è anche possibile, dopo
un certo periodo dallevento lesivo, ritornare
allattività sportiva, durante la
quale peraltro latleta avverte una continua
sensazione dinstabilità articolare.
La
diagnosi del danno legamentoso avviene essenzialmente
attraverso due tipi dindagine: la valutazione
clinica e lindagine strumentale. Nella valutazione
clinica loperatore cerca di stabilire lentità
della lassità legamentosa, sia in senso
anteriore-posteriore, attraverso il Lachman test
ed il test del cassetto anteriore, sia in senso
rotatorio, grazie al jerk test ed al pivot shift
test.
La
conferma della lesione del LCA avviene solitamente
grazie allanalisi strumentale che si basa
soprattutto sulla risonanza magnetica nucleare
(RMN). Recentemente alcuni lavori scientifici
(Chylarecki e coll., 1996) riportano di diagnosi
effettuate grazie allesame ecografico, anche
se questo tipo dindagine nellambito
delle lesioni al LCA deve essere ancora scientificamente
confermato.
Il
trattamento di una lesione di LCA
Il
trattamento della lesione del LCA può essere
di due tipi; conservativo e chirurgico.
Il
trattamento conservativo: un LCA lesionato
può venire trattato in modo conservativo,
evitando cioè dintervenire chirurgicamente,
tuttavia il trattamento conservativo è
in grado di essere effettivamente efficace solamente
in un limite ridotto dei casi, circa il 36% (Noyes
e coll., 1983). A lungo termine la maggioranza
dei pazienti presentano artrosi articolare e nel
51% dei casi si registra un nuovo evento traumatico
entro 6-9 mesi. Per questi motivi, se nel corso
del trattamento conservativo stesso, perdura una
sintomatologia stabile, diviene dobbligo
ricorrere al trattamento chirurgico.
Il
trattamento chirurgico: la tecnica
chirurgica del LCA è notevolmente migliorata
nellarco degli ultimi 10 anni e la percentuale
di riuscita ad oggi si aggira attorno al 90% dei
casi. La ricostruzione può essere di tipo
intra-articolare ed extra-articolare. La ricostruzione
intra-articolare si differenzia in base al tipo
di trapianto che vede lutilizzo del tendine
rotuleo (che costituisce il trapianto maggiormente
utilizzato ossia il "gold standard"),
del tendine del m. semitendinoso o del m. gracile,
oppure un lembo di fascia lata. Le diverse tecniche
di ricostruzione extra-articolare sono in effetti
solamente delle plastiche di supporto che vengono
effettuate utilizzando nella maggior parte dei
casi la fascia lata. E in effetti improprio
definirle delle vere e proprie tecniche di ricostruzione
del LCA.
Nel caso in cui
latleta sia stato sottoposto ad una tecnica
ricostruttiva, sia di tipo intra-articolare, che
extra-articolare, lattività sportiva
può essere di norma ripresa gradualmente
dopo un idoneo programma riabilitativo della durata
di circa 6 mesi..
Le
conseguenze del danno biomeccanico e strutturale
al LCA
Una
delle caratteristiche peculiari degli infortuni
al legamento crociato anteriore (LCA) è
costituito dalla perdita di forza massimale a
carico degli estensori della gamba sulla coscia
sia nellimmediato periodo post-operatorio,
che dopo un periodo di follow-up (Ardvisson e
coll., 1981; Delitto e coll., 1988; Snyders-Mackler
e coll., 1991; Wigerstad-Lossing e coll., 1988),
mentre la perdita di forza a carico dei flessori
appare molto più limitata ( St Clair Gibson
e coll., 2000). La perdita della capacità
di forza massimale dopo intervento a carico del
LCA è riscontrabile, sia attraverso la
modalità di contrazione isometrica (Delitto
e coll., 1988; Wigerstad-Lossing e coll., 1988),
che durante una contrazione di tipo isocinetico
(Elmqvist e coll., 1988; Snyders-Mackler e coll.,
1991; Tibone e Antich, 1988). Questo deficit di
forza nellarto leso è riscontrabile
anche nel caso in cui il LCA non sia stato trattato
chirurgicamente (Elmquvist e coll., 1988). Tuttavia
occorre considerare come il deficit di forza presente
nellarto leso sia molte volte imputabile,
per lo meno in parte, alla sensazione algica,
riferita dal paziente durante una contrazione
muscolare massimale che ponga in tensione il neo-legamento.
Questeventualità è particolarmente
ricorrente soprattutto nel caso in cui il test
dinamometrico venga effettuato in catena cinetica
aperta (OKC), modalità durante la quale
la translazione anteriore di tibia, che si verifica
in tale modalità di esercitazione, può
comportare un importante tensionamento del neo-legamento
stesso (Colonna, 1997). Oltre ad un deficit di
forza contrattile, larto leso dopo ricostruzione
del LCA, presenta normalmente una più o
meno marcata atrofia a carico del quadricipite
femorale (Jarvinen e Kannus, 1987, St Clair Gibson
e coll., 2000.) e soprattutto a carico del vasto
mediale obliquo (Bisciotti e coll., 2001). La
forza massimale mostra, sino a certi livelli,
una forte correlazione con la sezione trasversa
muscolare, ciò non di meno nel caso di
ricostruzione di LCA, la perdita di trofismo muscolare
si mostra scarsamente correlata alla capacità
contrattile del quadricipite femorale (Elmquvist
e coll., 1988; Lorentzon e coll., 1989). Si potrebbe
quindi ipotizzare che per lo meno una parte del
deficit contrattile dellarto leso sia imputabile,
sia ad un cambiamento della tipologia metabolica
e/o meccanica della fibra muscolare (Snyder-Mackler
e coll. 1993), che ad un alterato pattern di attivazione
delle unità motorie causato dal danneggiamento
dei recettori sensoriali del LCA lesionato (Solomonow
e coll., 1987; Solomonow e coll., 1987b). Oltre
al decremento della forza massimale un altro parametro,
riguardante sempre la contrattilità muscolare,
che potrebbe risultare alterato dopo un intervento
ricostruttivo di LCA, è la resistenza muscolare,
ossia la capacità di un determinato gruppo
muscolare di resistere alla fatica indotta da
una contrazione prolungata (Mackler e coll., 1993).
I pochi lavori reperibili in questambito
riferiscono di come la resistenza muscolare, intesa
appunto come capacità di resistere ad una
contrazione muscolare submassimale indotta attraverso
elettrostimolazione, a carico del quadricipite
femorale, sia maggiore nellarto leso, dopo
ricostruzione di LCA, rispetto al controlaterale
sano (Snyders-Mackler e coll., 1991). Inoltre
altri studi dimostrano come, dopo un intervento
ricostruttivo di LCA ed il conseguente periodo
di ipocinesia susseguente a questultimo
, avvenga, a carico del quadricipite femorale,
una conversione di fibre muscolari da rapide (FT)
a lente (ST) (McNair e Wood, 1993; Baugher e coll.,
1984). Dal momento che unalta percentuale
di ST, comporta un aumento delle capacità
resistive (Radzyukevich e coll., 1993;
Thompson, 1994; Casey e coll., 1996.), si può
avanzare lipotesi che un incremento delle
capacita della muscolatura testata di resistere
ad una contrazione sub-massimale prolungata, possa
costituire un indice indiretto del grado di conversione
della tipologia delle fibre muscolari. Lo scopo
di questo studio è appunto quello di verificare
e quantificare laumento delle capacità
di forza resistente del quadricipite femorale
dellarto traumatizzato, in pazienti sottoposti
ad intervento ricostruttivo di LCA, attraverso
una contrazione sub-massimale volontaria protratta
sino ad esaurimento muscolare completo. Lindividuazione
di questo valore medio potrebbe infatti costituire,
a nostro avviso, un importante indice di riferimento
in ambito riabilitativo.
Metodi
Soggetti
Nel
presente studio sono stati considerati 13 soggetti
la cui età, peso ed altezza erano rispettivamente
26 ± 2 anni (media ± deviazione standard),
72.3 ± 7.1 kg, 178.6 ± 4.7 cm, tutti
praticanti attività sportiva (tabella 1)
ed aventi subito una rottura isolata od associata
del LCA trattata chirurgicamente tramite ricostruzione
artroscopia (tabella 1).
Tutti
i soggetti hanno mantenuto nel periodo del test
la loro normale attività di riabilitazione
fisioterapica. Nessuno di loro presentava patologie
di tipo muscolare o neuromuscolare oltre a quella
sopra citata.. Al momento delleffettuazione
del test i soggetti erano in 95°± 7°
giornata post-operatoria ed avevano completamente
recuperato la mobilità articolare dellarto
leso. Inoltre tutti i soggetti erano stati preventivamente
informati sullo scopo della ricerca e sui possibili
rischi ad essa connessi.
Protocollo
Dopo
previo riscaldamento, ad ogni soggetto veniva
richiesto di effettuare una serie di 3 contrazioni
isometriche massimali a carico degli estensori
in modalità di contrazione in catena cinetica
chiusa (CKC), con angolo articolare al ginocchio
standardizzato a 90° (figura 1). Ogni contrazione
veniva mantenuta per una durata totale di 3"
(Wilson e coll., 1995), il tempo di recupero tra
ogni contrazione era fissato in 2. Veniva
assunto come valore di MIF il massimo valore di
forza registrato dopo 600 ms di contrazione (Komi
e Virmavirta; 1997). La modalità di contrazione
in CKC è stata adottata allo scopo di evitare
qualsiasi tipo di sintomatologia dolorosa che
potesse falsare la misurazione della MIF. Durante
il test nessun soggetto ha lamentato sensazioni
dolorose di tipo articolare e/o muscolare. Nel
corso delle misurazioni ogni soggetto era vincolato
allapparecchiatura tramite una cintura che
lo bloccava a livello di L5 in modo tale da evitare
ogni tipo di arco dorsale. La produzione di forza
veniva misurata mediante una cella di carico a
strain gauge (Mod. Erogometer, Globus Italia,
sample rate 100 Hz, non linearity histeresis and
repeatability 0.02 of RO, temperature compensated
0° to 50°, charge scale 0-300 kg). In
seguito ad ogni soggetto veniva richiesto di mantenere,
con la stessa modalità esecutiva adottata
durante il test di MIF, una contrazione isometrica
la cui intensità fosse pari al 50% della
forza massimale isometrica (MIF 50%) preventivamente
misurata allo stesso angolo articolare. Ogni contrazione
veniva mantenuta sino a quando il valore di forza
espressa non risultasse minore, per un periodo
superiore a 3, al target prefissato.
Durante lesecuzione della contrazione, al
soggetto veniva fornito un biofeedback di tipo
visivo che gli permettesse di rimanere entro il
target di produzione di forza prefissato (MIF
50% ±5%). La scelta di MIF 50% è stata
dettata dal fatto che il mantenimento di questa
percentuale di forza isometrica induce un affaticamento
muscolare totale in tempi relativamente brevi,
dellordine di circa 50 (Grabiner
e coll., 1989; MacIntyre e coll., 1998; Merletti,
1990). I dati venivano acquisiti direttamente
su di un software dedicato, che calcolava automaticamente
il tempo di mantenimento della contrazione entro
il target richiesto. Lo stesso tipo di misurazione
è stato effettuato, in modo randomizzato,
sia per larto patologico, che per il controlaterale
sano.
Statistica
Per
ogni variabile e condizione considerata sono stati
calcolati gli indici statistici ordinari come
media, deviazione standard e varianza. Le differenze
tra i valori medi di forza massimale isometrica
(MIF 100%) e di mantenimento della MIF 50% (con
un range di tolleranza di ±5%) a carico dell
arto leso e del controlaterale sano sono state
testate attraverso un test non parametrico di
Wilkoxon. La significatività statistica
è stata fissata a p < 0.05.
Risultati
I
valori di MIF 100% a carico dellarto sano
sono stati pari a 660.61±162.78 N
I
valori di MIF 100% a carico dellarto patologico
sono stati pari a 433.66±132.62 N
La
differenza, pari al 33.73±14.61%, è risultata
essere statisticamente significativa (p<0.001).
I
valori di mantenimento della MIF 50% nellarto
sano sono stati pari a 46.63±11.85 secondi (range
74.0 43.0 secondi).
I
valori di mantenimento della MIF 50% nellarto
patologico sono stati pari a 60.00±14.14 secondi
(range 82.55 41.99 secondi)
La
differenza, pari al 21.84±8.42%, è risultata
essere statisticamente significativa (p<0.002).
Discussione
La
maggior resistenza muscolare dellarto leso
nei confronti del controlaterale sano ritrovata
in questo studio (21.84±8.42%, p<0.002) è
paragonabile anche se non perfettamente sovrapponibile
a quella riportata da Lynn Snyders e coll. (1993)
i quali riportano come la muscolatura estensoria
dellarto che abbia subito una ricostruzione
di LCA, sia più resistente dell11%
(p<0.001) rispetto a quella dellarto
sano. La differenza riscontrabile tra i dati e
senza dubbio da imputarsi al diverso protocollo
di studio, che nel caso dello studio sopra citato
prevedeva il mantenimento del 20% del valore di
massima forza isometrica, attraverso una contrazione
elettroindotta. Il dato interessante da sottolineare
è che, indipendentemente dal tipo di contrazione
considerata, volontaria od elettroindotta, la
muscolatura estensoria dellarto patologico,
mostra in ogni caso una maggior capacita di resistenza
contrattile nei confronti dellarto sano.
Questa differenza nelle caratteristiche di resistenza
muscolare, può avvallare lipotesi,
peraltro già avanzata da altri Autori,
di una atrofia selettiva delle fibre di tipo II,
dopo ricostruzione atroscopica di LCA (Lo Presti
e coll., 1988; McNair e Wood, 1993; Baugher e
coll., 1984) e di una conversione di fibre da
tipo II a tipo I conseguente alla stimolazione
cronica a bassa frequenza ( Pette, 2001; Buller
e Pope, 1977; Dasse e coll, 1981; Pette, 1998)
tipica del periodo riabilitativo post-operatorio.
La conversione della tipologia delle fibre muscolari
è fisiologicamente giustificabile dal fatto
che anche nelladulto le fibre stesse si
mostrano in grado di cambiare la loro composizione
molecolare, alterando in tal modo la loro espressione
genica (Pette, 1998). Soprattutto le basse frequenze
di scarica, tipiche dellallenamento di resistenza
muscolare e quindi anche dei programmi riabilitativi,
possono indurre, sia nellanimale, che nelluomo,
se ripetute cronicamente e per periodi relativamente
prolungati, una conversione, sia delle catene
leggere (MLC), che di quelle pesanti (MHC) della
miosina, dalla loro isoforma veloce a quella lenta
(Leeuw e Pette, 1996; Pette, 1998). Lalterazione
del pattern di attivazione nervoso determina infatti
un cambiamento di tipo biochimico allinterno
della fibra muscolare, causando quindi un cambiamento
della sintesi delle differenti proteine contrattili
(Buller e Pope, 1977). In questo tipo di meccanismo,
il ruolo principale è appunto svolto dal
pattern di impulso nervoso, anche se occorre comunque
considerare limportante ruolo esercitato
da altri due fattori, costituiti dallattività
neuromuscolare e dal carico meccanico (Pette,
2001). La conversione delle fibre muscolari causata
da questa catena di eventi si traduce in un incremento
della resistenza muscolare nel corso di contrazioni
prolungate (Aigner e Pette, 1992) associata ad
una persistente attività dellATP
fosforilasi (Pette e Dusterhoft, 1992; Andersen
e Aagard, 2000). La possibile conversione tipologica
di fibre da tipo II a tipo I, conseguente ad un
evento post-operatorio come appunto la ricostruzione
di LCA, è più probabilmente da imputarsi
agli stimoli a bassa frequenza che il muscolo
riceve durante il periodo riabilitativo, piuttosto
che al periodo di immobilizzazione post-operatorio.
E infatti noto come la muscolatura del quadricipite
femorale, in pazienti paraplegici, mostri una
predominanza di fibre di tipo II, conseguente
alla perdita delle funzioni muscolari (Neumayer
e coll., 1997; Round e coll., 1993). Questa predominanza
di fibre di tipo II in un muscolo che abbia perso
la propria funzionalità è probabilmente
da imputarsi al fatto che la stimolazione elettrica
da parte del SNC costituisce il fattore indispensabile
per poter preservare lisoforma lenta della
MHC (Andersen e Aagard, 2000).
Questo
cambiamento nella tipologia delle fibre potrebbe
inoltre spiegare la ragione per cui la perdita
di forza del quadricipite sia poco correlata con
la sezione trasversa del muscolo dopo ricostruzione
del LCA (Elmquvist e coll., 1988; Lorentzon e
coll., 1989). Quindi considerando la maggior resistenza
alla fatica delle fibre di tipo I rispetto a quelle
di tipo II (Round e coll., 1993; Radzyukevich
e coll., 1993; Mackler e coll., 1993), laumento
delle caratteristiche di resistenza della muscolatura
estensoria dellarto leso, ritrovato in questo
studio, potrebbe essere il testimone indiretto
di un atrofia selettiva di fibre di tipo II e
di una conversione della tipologia di fibre da
tipo II a tipo I. Uneccessiva atrofia di
fibre di tipo II unita ad una massiccia conversione
di fibre da tipo II a tipo I, potrebbe rivelarsi
nefasta soprattutto in attività sportive
come lo sprint ed i salti, ma anche nellambito
di sport di squadra come il calcio, dove le repentine
e frequenti azioni di cutting richiedono un rapido
e massivo reclutamento di fibre di tipo II (Greeenhaff
e coll., 1994; Casey e coll., 1996). Il valore
di aumento percentuale di resistenza muscolare
ritrovato in questo studio, facilmente registrabile
attraverso un test di tipo isometrico, potrebbe
quindi costituire un importante parametro di riferimento
in ambito fisioterapico nei protocolli riabilitativi
di LCA. Dal momento infatti che la plasticità
biologica propria del muscolo permette la reversibilità
dei cambiamenti strutturali indotti in questultimo
(Pette, 2001; Myashita, 1988), il superamento
di tale parametro potrebbe suggerire lintroduzione
nel piano di lavoro, soprattutto degli atleti
di particolari discipline, di esercitazioni specifiche
che inducano un reclutamento preferenziale di
fibre di tipo II, in modo tale da riequilibrare
la situazione tipologica muscolare dei due arti.
Sport practicato
|
Frequenza
|
Football
|
10
|
Basket
|
2
|
Judo
|
1
|
|
Totale 13
|
Tavola
1: la distribuzione dei soggetti in funzione dello
sport praticato
Tipo di trauma
|
Frequenza
|
Rottura isolata del LCA
|
8
|
Rottura del LCA associata
a lesione di secondo grado al LCM
|
2
|
Rottura del LCA associata
a lesione del menisco mediale e laterale
|
1
|
Rottura del LCA associata
a lesione del menisco laterale
|
2
|
|
Totale 13
|
Tavola
2: la distribuzione dei soggetti in funzione della
lesione sofferta
Figura
2: lapparecchiatura utilizzata nel test.
1) Sbarra scorrevole 2) Cella di carico
|
Aigner
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