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Argomento:
Traumatologia sportiva
Data:
2003
Testata:
Sport e Medicina. 4:51-55, 2003
 

Rigido od estensibile?
di Gian Nicola Bisciotti

Nel precedente articolo avevamo esemplificato il concetto di valutazione funzionale attraverso il concetto del "puzzle", illustrando anche i primi due tasselli attraverso i quali potevamo cominciare il suo assemblaggio, ossia i primi due test che ci permettevano di dare inizio alla composizione del quadro d’insieme della valutazione funzionale. I primi due test presi in esame erano il Work-test ed il Bi-test, che rispettivamente permettono una visione d’insieme dei principali parametri del movimento nell’arto leso e nel controlaterale sano, e del pattern di attivazione neuro-muscolare nei due arti. Proviamo ora ad aggiungere un ulteriore tassello, che come vedremo potrà risultare particolarmente utile nell’ambito di alcune patologie specifiche. Ci riferiamo allo "Stiffness test", ossia al test che permette la quantificazione della rigidità, o "stiffness", dell’ unità muscolo-tendinea (UMT). Per poter ben comprendere il concetto di stiffness, dobbiamo in primo luogo definire il concetto di elasticità, dapprima da un punto di vista meccanico, per poi arrivare al concetto di elasticità di un complesso biologico come appunto nel caso dell’UMT. L'elasticità è definibile come la proprietà dei corpi, che subiscono una deformazione, per effetto di una sollecitazione esterna, di riprendere, almeno parzialmente, la forma ed il volume iniziali, al cessare della sollecitazione stessa. Immaginiamo ora un "continuum elastico" ossia un continuum ideale nel quale ad un estremo vi sia un oggetto tipicamente "anelastico", poniamo il caso la plastilina. Se prendiamo infatti una sbarretta di plastilina ed esercitiamo su di essa una certa forza, è facile notare come quest’ultima subisca un apprezzabile deformazione che risulterà in funzione della forza applicata. La deformazione così causata sulla plastilina sarà di tipo permanente, in altre parole la plastilina al cessare dell’applicazione della forza che avrà causato la deformazione stessa, non ritornerà alla sua forma originale; questo è dovuto al fatto che la plastilina non possiede un buon grado di elasticità perché è appunto troppo deformabile ed al cessare della sollecitazione sarà incapace di riacquistare il volume e la forma originali. All’estremo opposto del nostro continuum elastico poniamo un altro tipo di materiale sempre anelastico, come ad esempio una sbarretta di marmo, in questo caso, a parità di forza esercitata, la sbarretta non si deformerebbe La forza esercitata sulla sbarretta di marmo non riuscirebbe infatti a deformarla in modo apprezzabile, la sbarretta quindi non sarebbe in grado di accumulare energia potenziale e conseguentemente restituirla sotto forma di lavoro meccanico al cessare dell’applicazione della forza. Anche il marmo, come la plastilina quindi mostra un comportamento anelastico ma questa volta per ragioni opposte a quelle che abbiamo esaminato nel caso della plastilina. Ai due estremi del nostro continuum elastico ritroviamo due materiali dal comportamento anelastico il primo, la plastilina, perché troppo deformabile ed il secondo, il marmo, perché troppo rigido. Quindi se ai due estremi del continuum elastico troviamo due materiali anelastici per eccellenza, anche se per ragioni opposte, nel mezzo del continuum elastico stesso troveremo il materiale elastico per definizione, ossia un materiale sufficientemente deformabile per poter accumulare un’apprezzabile quantità di energia elastica potenziale e nel contempo sufficientemente rigido per poterla trasformare, minimizzando gli effetti della termodispersione, in lavoro meccanico al cessare dell’applicazione della forza di deformazione. Diciamo che un materiale che possegga simili caratteristiche e che potrebbe a giusta ragione trovarsi all’incirca a metà di questo immaginario continuum elastico, potrebbe essere ad esempio un sbarretta di gomma, che essendo in grado sia di deformarsi, che di riacquistare, al cessare dell’applicazione della forza deformante, la sua forma originale, è capace di restituire sotto forma di lavoro meccanico l’energia elastica potenziale accumulata durante la fase di deformazione stessa.

Figura 1: in un continuum elastico troviamo ad una delle sue estremità, poniamo il caso a destra, l’anelasticità data dall’eccessiva rigidità, o stiffness, del materiale, all’estremo opposto troviamo l’anelasticità causata da un’eccessiva deformabilità o compliance. Un grado ideale di elasticità si ritrova in effetti in un materiale sufficientemente deformabile per immagazzinare energia elastica sotto forma potenziale ma nel contempo sufficientemente rigido per ritornare, in tempi brevi, alla sua forma originale, restituendo in tal modo l’energia elastica immagazzinata durante la deformazione sotto forma di lavoro meccanico nel momento in cui cessi la forza deformante.

Le caratteristiche elastiche dell’UMT

Le caratteristiche elastiche dell’UMT, ed in particolar modo del tendine, che è il maggior "stoccatore" di energia elastica1,2 costituiscono un importante fattore nell’ambito del controllo motorio e bioenergetico del movimento3. Infatti molto difficilmente nell’uomo, come d’altro canto nell’animale, un movimento comporta un’attivazione muscolare di tipo puramente isometrico, eccentrico oppure concentrico. La maggior parte dei movimenti umani ed animali, è caratterizzata infatti da un tipo di attivazione muscolare che comporta una fase di contrazione muscolare di tipo eccentrico immediatamente seguita da una fase concentrica. Questo particolare tipo di attivazione è noto con il termine di "ciclo stiramento-accorciamento" (SSC)4,5. Il comportamento elastico di una struttura, anche di tipo biologico come nel caso dell’UMT è caratterizzato dalla relazione che intercorre tra la sua deformazione e la forza applicata sulla struttura stessa. Nel caso di una molla lineare ideale, una deformazione D L è una funzione lineare della forza D F:

D F = K . D L (1)

nella quale K rappresenta la costante di rigidità della molla.

La rigidità (o stiffness) di un sistema elastico è rappresentata quindi da una variazione di forza su di una variazione di lunghezza (D F/D L), mentre il rapporto inverso (D L/D F) rappresenta l’estensibilità (o compliance) del sistema. Le caratteristiche elastiche muscolari possono riferirsi, sia ad un elasticità di tipo "globale", che è determinata dall’interazione sinergica delle componenti muscolari e tendinee, oppure ad un’elasticità specifica della parte passiva della componente elastica seriale (SEC), ossia del solo tendine6. Le caratteristiche elastiche, sia della SEC, che del complesso muscolo tendineo in toto, costituiscono un fattore fortemente correlato alla produzione di forza da parte del muscolo stesso7,8. L’elasticità ideale dell’UMT, durante un movimento che preveda una fase di SSC, implica una compliance tale da permettere un ottimale accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento ed una stiffness che consenta un’efficace e rapida riconversione di quest’ultima in lavoro meccanico durante la fase concentrica, minimizzando l’effetto di termodispersione7.

Le patologie tendinee ed il cambiamento delle caratteristiche elastiche dell’UMT.

Abbiamo poc’anzi ricordato come il tendine sia la struttura anatomica maggiormente preposta all’ accumulo ed alla conseguente restituzione di energia elastica. Il tendine infatti immagazzina circa il 72% dell’energia elastica totale, mentre la parte S2 della miosina solamente il restante 28%1,2. E’ quindi logico pensare come una patologia tendinea di tipo acuto come una tendinite, o degenerativa come una tendinosi, od a maggior ragione un insulto traumatico a livello tendineo che comporti una conseguente riparazione chirurgica, possa influenzare negativamente l’elasticità ideale dell’UMT in generale e del tendine in particolare. Infatti uno spostamento delle caratteristiche elastiche dell’UMT sul continuum elastico, verso una maggior compliance oppure verso una maggior stiffness, conseguenti all’evento traumatico e chirurgico, potrebbero di fatto limitare le espressioni meccaniche dell’UMT stessa. Lo scopo dello "Stiffness test" è appunto quello di verificare il possibile spostamento nell’ambito del continuum elastico delle caratteristiche meccaniche dell’UMT della muscolatura della gamba , in seguito ad una patologia tendinea del tipo sopra elencato.

Lo Spring Mass Model

Grazie allo Stiffness Test è possibile stabilire lo spostamento delle caratteristiche elastiche dell’UMT della gamba sul continuum elastico in seguito ad una patologia tendinea. Tramite questo tipo di test si è infatti in grado di quantificare la stiffness dell’UMT. Un aumentato valore di stiffness starà ad indicare un irrigidimento dell’UMT stessa mentre, al contrario, una diminuzione del valore di stiffness testimonierà un aumento della compliance dell’UMT. Il calcolo della stiffness è possibile grazie all’adozione di un modello meccanico che rappresenti il comportamento biomeccanico della muscolatura degli arti inferiori durante la locomozione e che ne permetta quindi il calcolo della stiffness. Il modello meccanico a cui fare riferimento è costituito dallo Spring Mass Model,9 questo tipo di modellizzazione è stata inizialmente concepita per lo studio del meccanismo di stoccaggio e restituzione di energia elastica nell’ambito della locomozione del canguro ma in seguito è stato applicato con successo anche per ciò che riguarda la locomozione ed il salto in ambito umano3, 7, 8, 10, 11, 12. In questo tipo di modello meccanico il soggetto viene assimilato ad un sistema composto da una massa e da una molla rimbalzante (figura 2) partendo dal presupposto concettuale che la forza esercitata da tale complesso al suolo, durante la meccanica della corsa o del balzo, passi per il suo peso durante il periodo di contatto e di stacco. La durata tra questi due istanti, misurata su pedana di forza viene considerata come pari alla metà del periodo di risonanza del sistema oscillante (T / 2) e la rigidità (K) del sistema massa-molla rimbalzante al suolo può essere calcolata attraverso la seguente formula13:

K = p 2 / ( T / 2) 2 (in N . m-1 . kg-1) (1)

Recentemente il calcolo della stiffness del sistema è stato reso possibile anche senza l’ausilio della pedana dinamometrica, ma solamente grazie all’utilizzo di una semplice pedana a contatto (ErgoJump, Globus Italia) ed all’applicazione della seguente formula7, 8, 14:

(in N . m-1 . kg-1) (2)

Nella quale TC e TV rappresentano rispettivamente il tempo di contatto ed il tempo di volo registrati su pedana a contatto (ErgoJump, Globus Italia).

Figura 2: lo Spring Mass Model (Alexander e Vernon, 1975), inizialmente utilizzato per lo studio del meccanismo di stoccaggio e restituzione di energia elastica nell’ambito della locomozione del canguro ed in seguito impiegato anche per lo studio della locomozione e del salto in ambito umano

Il protocollo dello Stiffness Test per il calcolo delle caratteristiche elastiche del tendine di Achille.

Il tendine di Achille è il tendine umano di maggior spessore ed il suo compito è quello di generare una potente azione di flessione plantare trasmettendo la forza generata dai muscoli soleo e gastrocnemio mediale direttamente al calcagno. Il tendine di Achille svolge un ruolo fondamentale per ciò che riguarda l’accumulo e la restituzione di energia elastica durante gesti motori complessi come la corsa od il balzo. Durante la fase eccentrica della corsa ad esempio il tendine di Achille viene allungato di circa il 4%,ossia di circa 1-1.5 cm, rispetto alla sua lunghezza iniziale ed è in grado di restituire circa il 93% dell’energia elastica potenziale immagazzinata, sotto forma di lavoro meccanico, durante la successiva fase concentrica del movimento, ottenendo in tal modo miglioramento del rendimento muscolare nel corso della locomozione stessa che passa da un valore del 25% ad oltre il 40%. Oltre a ciò il tendine di Achille durante la corsa deve necessariamente controbilanciare la forza esercitata dall’avampiede al suolo nel momento del contatto con quest’ultimo, sopportando per questa ragione delle forze tensive pari a circa 7-8 volte il peso corporeo del soggetto. In virtù di questi dati è facile comprendere come le caratteristiche elastiche del tendine di Achille costituiscano una delle caratteristiche peculiari della sua funzionalità. Un insulto traumatico a livello tendineo e la conseguente eventuale riparazione chirurgica oppure una patologia tendinea specifica come la tendinosi o la tendinite, potrebbero, come gia detto, influenzare negativamente l’elasticità ideale dell’UMT in generale e del tendine di Achille in particolare. Infatti uno spostamento, in conseguenza all’evento traumatico e/o chirurgico, delle caratteristiche elastiche dell’UMT sul continuum elastico, sia verso una maggior compliance oppure al contrario verso una maggior stiffness, potrebbero comportare un’apprezzabile scadimento dell’espressione meccanica dell’UMT stessa.

Il calcolo della stiffness è possibile grazie ad un protocollo di test durante il quale viene richiesto al soggetto di effettuare 5" di balzi monopodalici a ginocchio esteso con impegno massimale sia sull’arto leso che sul controlaterale sano (figura 3). Durante il test vengono registrati a carico dei due arti i seguenti dati:

- Il tempo di contatto ed il tempo di volo od ogni balzo

- L’altezza raggiunta e la potenza media espressa ad ogni salto.

Immettendo i dati relativi al tempo di contatto ed al tempo di volo nella (2) è possibile calcolare la rigidità del UMT della gamba 7, 8, 14, mentre attraverso il calcolo dell’altezza di salto e della produzione di potenza è possibile confrontare l’espressione meccanica dell’UMT dell’arto leso e del controlaterale sano.

Figura 3: il protocollo dello Stiffness Test prevede l’esecuzione di 5" di balzi monopodalici eseguiti sia con l’arto leso che con il controlaterale sano durante i quali vengono rilevati il tempo di contatto, il tempo di volo, l’altezza e la potenza media di ogni balzo. La Stiffness dell’UMT così calcolata viene espressa in N . m-1 . kg-1.

Lo Stiffness Test nell’ambito della rottura traumatica del tendine di Achille

Nel caso di rottura traumatica del tendine di Achille a cui faccia seguito una ricostruzione chirurgica si regista sistematicamente uno spostamento statisticamente significativo delle caratteristiche elastiche dell’UMT sul continumm elastico che può evidenziarsi attraverso un aumento della stiffness o della compliance, normalmente connesso al tipo di tecnica operatoria utilizzato15. A questo cambiamento delle caratteristiche elastiche dell’UMT si accompagna sistematicamente uno scadimento della proprietà meccaniche dell’UMT stessa che si manifesta attraverso una diminuzione dell’altezza e della potenza media di ogni balzo. E’ importante notare che il piano riabilitativo susseguente all’intervento stesso dovrebbe necessariamente basarsi sul tipo di cambiamento subito dall’UMT. Infatti un peggioramento delle caratteristiche elastiche dell’UMT imputabile ad un aumento della stiffness di quest’ultima, necessita di un piano riabilitativo molto diverso rispetto a quello da effettuarsi nel caso di uno scadimento delle caratteristiche elastiche, e conseguentemente del rendimento meccanico, dovuto ad un aumento della compliance dell’UMT. Nel primo caso infatti la strategia riabilitativa dovrebbe indirizzarsi prevalentemente verso un tipo di attività, come lo stretching od il PNF, che cerchino di riportare le caratteristiche meccaniche dell’UMT verso la parte "estensibile" del continuum elastico; nel secondo caso invece, il piano fisioterapico dovrebbe basarsi su un tipo di lavoro atto ad aumentare la stiffness dell’UMT, riportandola verso la parte "rigida" del continuum elastico stesso. A questo scopo sembrerebbero particolarmente adatti dei programmi di lavoro basati su contrazioni di tipo eccentrico ed isometrico, che sarebbero in grado di determinare un aumento della stiffness dell’UMT 16,17. Per sottolineare quanto sia determinante la scelta del tipo d’intervento in campo riabilitativo, è importante ricordare che un tendine con un’eccessiva stiffness, trasmette in modo più repentino e brusco al muscolo il cambiamento di lunghezza, fattore che può costituire un elemento di rischio per la struttura muscolare stessa, soprattutto durante la fase eccentrica della contrazione, 18, 19, 20 inoltre una eccessiva stiffness del tendine obbligherebbe di fatto il muscolo a lavorare nella porzione bassa e destra della relazione forza-velocità, creando un possibile disadattamento nei confronti dei carichi elevati 18. Al contrario un’eccessiva compliance del tendine, comportando un abbassamento della frequenza di risonanza dell’UMT 7, provocherebbe un’eccessiva tendenza all’oscillazione dell’UMT stessa, soprattutto nel corso di movimenti rapidi e di piccola ampiezza, durante i quali il fattore di smorzamento dell’UMT risulta basso7, 18.

Conclusioni

Il protocollo dello Stiffness Test si mostra particolarmente adatto al calcolo della stiffness della SEC, in quanto in movimenti rapidi e di piccola ampiezza, come appunto quelli previsti nel protocollo del test, la stiffness del tendine è sovrapponibile alla stiffness del muscolo, in quanto in tali condizioni lo scivolamento dei miofilamenti, causato dal ciclo dei ponti acto-miosinici, appare poco pronunciato e tutti i cambiamenti di lunghezza sono sostanzialmente a carico della SEC stessa6. Lo Stiffness Test quindi, non soltanto viene a colmare la mancanza di prove funzionali attendibili in grado di quantificare obbiettivamente ed in modo riproducibile le caratteristiche meccaniche dell’UMT21 ma è inoltre in grado di fornire delle importanti informazioni di ordine biomeccanico, grazie alle quali diviene possibile orientare coerentemente ed in modo efficace il piano riabilitativo susseguente all’intervento chirurgico.

Figura 4: anche un minimo cambiamento delle caratteristiche dell’UMT, sia nel senso di una maggior stiffness, oppure di un accresciuta compliance, può allontanare l’UMT stessa dalla propria zona di "elasticità ideale" determinandone quindi uno scadimento del rendimento meccanico durante un movimento che comporti uno SSC.

Figura 5: lo Stiffness Test rappresenta un importante tassello nella costruzione del "puzzle della valutazione funzionale" rivelandosi particolarmente utile soprattutto nelle patologie a carico del tendine di Achille. Grazie allo Stiffness Test è infatti possibile verificare il cambiamento delle caratteristiche elastiche dell’Unità Muscolo Tendinea dell’arto leso e conseguentemente orientare coerentemente il piano d’intervento riabilitativo.

 

 

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