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Argomento:
Sezione fisiologia e biomeccanica
Data:
1988
Testata:
New Athletic Research in Science Sport. 151-152: 13-18, 1998
 

La pendenza virtuale
di
Bisciotti Gian Nicola, Necchi Pierino, Pellis Gian Carlo

Abstract: Nell'ambito della metodologia per l'aumento delle capacità di velocità lo sprint in salita è una delle esercitazioni maggiormente utilizzate .

Nel presente articolo viene presentato un metodo di lavoro che permette di "cambiare virtualmente" la percentuale di pendenza della quale si dispone in funzione dell'aumento di forza di spinta ricercato.

L'interesse di questa nuova metodologia di allenemento risiede sia nella possibilità di risolvere il problema pratico legato alla ricerca di salite con percentuali idonee per il tipo di allenamento pianificato sia nella possibilità di quantificare con precisione il carico di allenamento proposto

Parole chiave : Sprint, Metodologia di allenamento, Biomeccanica della corsa

Introduzione

L'allenamento rivolto allo sviluppo ed all'incremento delle capacità di velocità riveste nell'ambito della metodologia rivolta alle capacità condizionali un ruolo assai delicato, sia da un punto di vista programmatico che applicativo.

Senza entrare nei dettagli specifici della programmazione dell'allenamento per la velocità di corsa, possiamo comunque schematizzare almeno quattro punti fondamentali su cui quest'ultimo si basa:

-Perfezionamento tecnico della biomeccanica di corsa

-Aumento della capacità di forza rapida della componente contrattile della muscolatura impegnata biomeccanicamente nell'azione di sprint.

-Aumento della capacità di resistenza alla forza rapida della componente contrattile della muscolatura impegnata biomeccanicamente nell'azione di corsa nel caso di velocità prolungata.

-Ottimizzazione dell'accumulo e della restituzione di energia elastica da parte della componente elastica seriale della muscolatura direttamente coinvolta nella dinamica del gesto.

Data la complessità e la delicata interazione esistente tra questi diversi fattori, non possiamo semplicemente pensare che un aumento della velocità di corsa possa essere ottenibile solamente attraverso la semplice ripetizione di sedute di allenamento basate sulla ripetizione del gesto di corsa effettuato alla velocità massimale; al contrario la ripetizione sistematica di tale metodologia può facilmente causare un appiattimento dell'incremento della velocità stessa.

Una delle migliori "garanzie" per l'atleta ai fini di evitare questo rischio è la diversificazione delle tecniche di allenamento opportunamente pianificate in funzione della programmazione annuale.

A questo proposito possiamo distinguere due principali gruppi metodologici di esercitazioni specifiche:

- Il metodo assistito, ossia tutta quella gamma di esercitazioni che attraverso differenti soluzioni tecniche permettono l'esecuzione di tratti di corsa a velocità sovramassimali.

Tali esercitazioni permettono sia un aumento della frequenza e dell'ampiezza dei passi (Mero e Komi 1986, Mero e Komi 1990.), che dell'attività elettromiografica (Dietz e coll. 1979; Komi 1983.) e dello stoccaggio di energia elastica (Ito e coll. 1983, Mero e coll. 1987, Mero e Komi 1987).

Tale metodologia si basa sul presupposto che gli adattamenti fisiologici e biomeccanici ottenibili attraverso questo tipo di esercitazioni possano poi essere trasferiti in situazione naturale.

Il metodo resistivo : attraverso il quale si cerca di ottimizzare le capacità di forza massima e di forza esplosiva che costituiranno la base sulla quale s’innesteranno tutte le esercitazioni specifiche tendenti alla massimalizzazione della performance di sprint (Schmidtdbleicher 1985; Anderson e Kearney 1982; Atha 1981, Berger 1962 a, b.).

Le esercitazioni normalmente utilizzate nel metodo resistivo sono il traino effettuato secondo diverse modalità, la corsa in acqua o su sabbia e la corsa in salita.

Il traino

Il traino è probabilmente l'esercitazione appartenente al gruppo del metodo resistivo maggiormente utilizzata, in particolare il traino di un pneumatico di peso variabile costituisce la più tipica e conosciuta modalità di lavoro nell'ambito delle esercitazioni rivolte allo sviluppo della forza specifica nello sprint (Fig. 1)

Aumentando la resistenza che si oppone al movimento di avanzamento si richiede all'atleta un sostanziale aumento di forza soprattutto a carico della muscolatura estensoria dell'anca e del ginocchio

( Behm 1991; Hakkinen e coll. 1985; Hakkinen e Komi 1985; Komi e coll. 1982.).

La lunghezza della fase di sprint con traino normalmente utilizzata è di 30 m.t. effettuata per un numero variabile di serie compreso tra 4 ed 8 , rispettando delle pause tra le serie di circa 3' , a questo tipo di esercitazione fa normalmente seguito, dopo una macropausa di circa 6-8,' una serie quantitativamente maggiore di sprint dai blocchi in condizioni naturali (Vittori 1990)

L’entità del traino dipende sia dal peso del traino stesso che dal coefficiente di attrito di quest'ultimo sulla superficie sulla quale si effettua lo sprint, normalmente la

resistenza totale applicata all'atleta (peso del traino + indice di attrito) dovrebbe permettere a quest'ultimo di poter effettuare i 30 m.t. di sprint impiegando dagli 80 ai 100 centesimi di secondo in più rispetto al proprio record sulla stessa distanza (Vittori 1990).

Una seconda metodica di traino utilizzata è l'impiego del paracadute (Fig.2), che può offrire il vantaggio di essere facilmente rilasciato ad un certo tratto del percorso dando in tal modo all'atleta la sensazione di un incremento della velocità di corsa, il metodo del rilascio può comunque essere adottato anche nel più classico traino del pneumatico.

Corsa in salita

La corsa in salita aumenta la sollecitazione a carico della muscolatura estensoria delle anche diminuendo l'ampiezza dei passi ed aumentando il tempo di appoggio (Kunz e Kaufmann 1981).

Particolare attenzione deve essere posta quindi da parte dell'atleta nel rendere massima l'ampiezza di corsa.

Gli sprint in salita si eseguono su tratti che presentano pendenze piuttosto elevate comprese tra il 12 ed il 20% e su distanze che vanno dai 30 agli 80 m.t..

La quantità globale di lavoro oscilla tra i 200 ed i 500 m.t. in rapporto al fatto che si utilizzino sprint della lunghezza di 30 m.t. oppure di 60-80 m.t. (Assi e coll. 1983).

Da un punto di vista traumatologico è interessante notare come la biomeccanica della corsa in salita rispetto a quella della corsa in piano salvaguardi maggiormente la muscolatura posteriore della coscia.

La biomeccanica dello sprint in salita infatti comporta una minore apertura del passo rispetto allo sprint in piano dal momento che ogni appoggio successivo si verifica in punto più alto rispetto al precedente escludendo in tal modo una parte della parabola discendente e limitando di fatto i possibili rischi per la muscolatura posteriore della coscia (Arcelli, Ferretti, 1993).

L'attivazione muscolare nello sprint

In effetti una delle problematiche biomeccaniche dello sprint è costituita dal fatto di dover vincere l'inerzia del proprio corpo soprattutto nella fase di accelerazione, normalmente identificata nei primi 30 m.t.

Dal punto di vista muscolare in questa fase sono attivamente coinvolti gli estensori delle anche, il grande gluteo, il bicipite femorale, il semitendinoso, il semimembranoso, il quadricipite femorale, il gastrocnemio ed il soleo (Chu e Korchemny 1989)

Il ruolo principale nella biomeccanica muscolare sia della fase di accelerazione che della fase di massima velocità, è ricoperto dalla muscolatura estensoria dell'anca ( Mann 1981; Mann e Sprangue 1980.), tuttavia non bisogna dimenticare l'importanza del ruolo della muscolatura estensoria degli arti inferiori .

In effetti analizzando attentamente la biomeccanica dello sprint, possiamo notare come sia necessario ridurre la caduta del centro di massa dell'atleta nella fase eccentrica del movimento, ossia nella fase immediatamente successiva all’appoggio del piede al suolo : questa limitazione della caduta del centro di massa è ottenibile attraverso una forte azione eccentrica della muscolatura estensoria; tale limitazione permetterebbe una minore ampiezza del ciclo di allungamento muscolare permettendo in tal modo un aumento dello stoccaggio di energia elastica ed un susseguente potenziamento della fase concentrica di spinta (Chu e Korchemny 1989; Bosco 1997; Asmussen e Bonde Peterson 1974; Cavagna 1977).

In quest'ottica l'allenamento resistivo si colloca quindi come tipo di esercitazione specifica per l'incremento della produzione di forza da parte della muscolatura estensoria dell'anca , che a sua volta inciderà positivamente sulla massima velocità di corsa sia in fase di accelerazione che di corsa lanciata.

La pendenza virtuale

Alcuni metodi normalmente utilizzati nell’allenamento resistivo presentano tuttavia alcuni inconvenienti di tipo pratico.

Se da un lato l'utilizzo del traino non presenta particolari problemi, altrettanto non si può dire per ciò che riguarda la corsa in salita.

Non risulta infatti sempre così facile poter disporre di salite con la pendenza e la lunghezza desiderata per

il tipo di allenamento da effettuarsi; sarebbe poi interessante poter avere a disposizione diverse percentuali di pendenza in funzione dell'incremento di forza che si intende produrre nella fase di spinta .

La soluzione proposta da alcuni autori di effettuare lo sprint in salita addizionando l'atleta di un leggero traino, qualora non si disponesse di percentuali di salite idonee, rimane un metodo possibile ma resta il problema di dover calcolare precisamente l'effetto del traino sulla percentuale di salita.

In altre parole come calcolare la variazione della percentuale di pendenza in funzione del peso del traino imposto all'atleta?

La possibilità di effettuare agevolmente tale calcolo permetterebbe quindi di variare artificialmente la pendenza della salita stessa permettendo così di utilizzare una sola salita di pendenza minima come "salita di base" alla quale, o meglio, sulla quale far variare la percentuale di pendenza in funzione dell’incremento della forza di spinta desiderato.

L'utilizzo di un traino a ruote si presenta particolarmente adatto a questo scopo, in quanto a differenza del sovraccarico (costituito ad esempio dall'uso di un giubbetto zavorrato) permette di aumentare, dal punto di vista della biomeccanica di corsa, la componente orizzontale della forza di spinta incidendo in modo minore sulla componente verticale (Fig 3); un’eccessiva diminuzione della componente verticale comporterebbe infatti una marcata riduzione della fase di volo che causerebbe a sua volta una diminuzione nell’immagazzinamento e nella restituzione di energia elastica durante la fase stiramento-accorciamento (Bosco 1997); inoltre l'impiego di un traino su ruote permette di poter facilmente quantificare l'indice di attrito di quest'ultimo sulla superficie di scorrimento.

Per determinare l’entità del sovraccarico da utilizzare occorre partire dall’assunto che essendo la distanza da percorrere fissa il lavoro sia equivalente, in altre parole disponendo ad esempio di una salita di 30 m.t. dell’11% di pendenza, si vuole che l’atleta con un opportuno sovraccarico effettui la stessa quantità di lavoro che effettuerebbe percorrendo una salita di 30 m.t. con una pendenza del 20%.

Il sovraccarico quindi può essere calcolato attraverso le seguenti formule:

Ptot = P x sen b x sen a = P x tang b / tang a x cos b / cos a @ P x tang b / tang a (1)

Psov = Ptot — P (1’)

In cui:

Ptot è il peso totale costituito dal peso dell’atleta più il peso del traino comprensivo della forza di attrito

P è il peso dell’atleta

sen b e tang b sono rispettivamente il seno e la tangente dell' angolo relativo alla salita la cui pendenza si intende simulare

sen a e tang a sono rispettivamente il seno e la tangente dell’ angolo relativo alla salita reale

La formula : Ptot = P x tang b / tang a può essere utilizzata quando sia possibile trascurare il "termine correttivo" cos b / cos a ; questa semplificazione appare lecita quando i valori di a e b non differiscano significativamente ( errori » 1% e » 1,5% per differenze tra le pendenze rispettivamente del 5% e del 10%); in caso contrario occorrerà utilizzare l’espressione: Ptot = P x tang b / tang a x cos b / cos a .

L'indice di attrito del traino può essere facilmente desunto cronometrando il tempo impiegato dal traino stesso nel compiere un tragitto preventivamente misurato, ad esempio 1,5 m.t., quando quest'ultimo sia rilasciato sulla pendenza stessa ed utilizzando le seguenti formule:

Fa = M (g x sen a - a ) (2)

F’a = F’a / g = P ( sen a - a / g ) (2’ )

In cui Fa è l'indice di attrito espresso in Newton

In cui F’a come sopra espresso in kgp

M, massa del traino in kg

P, peso del traino in kgp

g, accelerazione di gravità pari a 9.81 m . s -1

a, accelerazione assunta dal traino nel corso della discesa , pari 2 s / t2 in cui s è lo spazio percorso , e t il tempo impiegato dal traino per percorrere tale spazio.

Può essere determinata la riduzione D P in N ( oppure D P’ in kgp) del sovraccarico sul traino, uguagliando i lavori compiuti da D P ed Fa quando l’atleta percorre un tratto l con pendenza tang a :

D P·l·sen a = Fa·l da cui: D P = Fa /sen a [N], oppure : D P’ = F’a /sen a [kgp]

Si noti che per pendenze usuali (» 10%), sen a assume valori "piccoli" (» 0,1); è quindi necessario misurare Fa ed a con notevole precisione (errore non superiore all’1%) al fine di evitare errori grossolani.

Esemplificando praticamente ed applicando la (1), nel caso in cui si abbia a disposizione una pendenza di 30 m.t. dell' 11% e si voglia simulare una pendenza del 20% della stessa lunghezza su di un atleta del peso di 70 kg si avrà:

70 x 20 / 11 = 127 kgp

Ricordiamo che la pendenza è la tangente dell’angolo relativo alla salita considerata.

Dalla (1) ricaveremo quindi che il P tot (atleta + traino + attrito del traino ) è pari a 127 kg.

Il peso del traino comprensivo dell’attrito sarà quindi di 57 kg (127-70)

Può essere utile al lettore un esempio sulla determinazione dell’indice di attrito del traino.

Avendo a disposizione un traino (come dalla Figura 4) del peso totale di 57 kg , lo si lasci percorrere un tratto di 1,5 m.t. sulla pendenza a disposizione (11%), cronometrando il tempo impiegato dal traino stesso a percorrere tale tratto.

Supponendo che il tempo registrato sia di 2 secondi (a = 2·1,5/4 = 0,75 m·sec-2 e sen a = 0,109), applicando la

(2) Fa » 57·(9,81·0,109-0,75) » 18,2 N

D P » 18,2/0,109 » 167 N ossia D P’ = 167/9,81 » 17 kgp

Quindi per ottenere Psov = 57 kgp, occorrerà un traino di : 57 - 17 = 40 kgp (peso proprio del traino + zavorra).

Occorre precisare che le formule indicate sono state determinate per la corsa a velocità costante e perdono validità in fase di accelerazione.

Lo stesso "effetto traino" può essere simulato attraverso un dispositivo simile a quello illustrato in Figura 5, in cui una carrucola a frizione , il cui attrito è regolato in base alla resistenza desiderata, sostituisce il traino classico.

Ricordando quanto già indicato a proposito del sovraccarico, trascurando il peso del cavo, può essere determinata la forza di attrito (Fa) necessaria per simulare la pendenza tang b , mentre l’atleta percorre la salita con tang a : Fa = Psov ·sen a , in cui Fa è misurato nella stessa unità di Psov..

E’ interessante notare come per questo metodo di lavoro i calcoli sopraindicati restano validi anche in fase di accelerazione e non soltanto per velocità di corsa costante come nel caso precedente del traino a ruote.

Questa esercitazione permette , attraverso un dispositivo di sgancio veloce, di cambiare in pratica il grado della pendenza utilizzata dopo un certo tratto di percorso secondo il metodo delle "varianti" proposto da Verkhoshansky (1996).

Conclusioni

Questo tipo di approccio alla metodica dello sprint in salita permette quindi degli indubbi vantaggi, in primo luogo consentendo di risolvere dei problemi operativi inerenti la non semplice facile ricerca di salite adatte al tipo di sollecitazione richiesta dalla metodologia di allenamento che si intende utilizzare, e secondariamente permettendo un’ esatta quantificazione della produzione di forza richiesta all’ atleta.

Vogliamo a questo proposito sottolineare come un’attenta e precisa quantificazione del carico di allenamento sia uno dei parametri maggiormente importanti nella programmazione dell’allenamento, la possibilità quindi di poter quantificare esattamente un aspetto importante dell’allenamento alla velocità riveste certamente un indubbio interesse soprattutto nel caso di pianificazioni di lavoro rivolte ad atleti di alto profilo agonistico.


 

 

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