La
pendenza virtuale
di Bisciotti
Gian Nicola, Necchi Pierino, Pellis Gian Carlo
Abstract: Nell'ambito
della metodologia per l'aumento delle capacità
di velocità lo sprint in salita è
una delle esercitazioni maggiormente utilizzate
.
Nel presente articolo
viene presentato un metodo di lavoro che permette
di "cambiare virtualmente" la percentuale di pendenza
della quale si dispone in funzione dell'aumento
di forza di spinta ricercato.
L'interesse di
questa nuova metodologia di allenemento risiede
sia nella possibilità di risolvere il problema
pratico legato alla ricerca di salite con percentuali
idonee per il tipo di allenamento pianificato
sia nella possibilità di quantificare con
precisione il carico di allenamento proposto
Parole chiave
: Sprint, Metodologia di allenamento, Biomeccanica
della corsa
Introduzione
L'allenamento rivolto
allo sviluppo ed all'incremento delle capacità
di velocità riveste nell'ambito della metodologia
rivolta alle capacità condizionali un ruolo
assai delicato, sia da un punto di vista programmatico
che applicativo.
Senza entrare nei
dettagli specifici della programmazione dell'allenamento
per la velocità di corsa, possiamo comunque
schematizzare almeno quattro punti fondamentali
su cui quest'ultimo si basa:
-Perfezionamento
tecnico della biomeccanica di corsa
-Aumento della
capacità di forza rapida della componente
contrattile della muscolatura impegnata biomeccanicamente
nell'azione di sprint.
-Aumento della
capacità di resistenza alla forza rapida
della componente contrattile della muscolatura
impegnata biomeccanicamente nell'azione di corsa
nel caso di velocità prolungata.
-Ottimizzazione
dell'accumulo e della restituzione di energia
elastica da parte della componente elastica seriale
della muscolatura direttamente coinvolta nella
dinamica del gesto.
Data la complessità
e la delicata interazione esistente tra questi
diversi fattori, non possiamo semplicemente pensare
che un aumento della velocità di corsa
possa essere ottenibile solamente attraverso la
semplice ripetizione di sedute di allenamento
basate sulla ripetizione del gesto di corsa effettuato
alla velocità massimale; al contrario la
ripetizione sistematica di tale metodologia può
facilmente causare un appiattimento dell'incremento
della velocità stessa.
Una delle migliori
"garanzie" per l'atleta ai fini di evitare questo
rischio è la diversificazione delle tecniche
di allenamento opportunamente pianificate in funzione
della programmazione annuale.
A questo proposito
possiamo distinguere due principali gruppi metodologici
di esercitazioni specifiche:
- Il metodo assistito,
ossia tutta quella gamma di esercitazioni che
attraverso differenti soluzioni tecniche permettono
l'esecuzione di tratti di corsa a velocità
sovramassimali.
Tali esercitazioni
permettono sia un aumento della frequenza e dell'ampiezza
dei passi (Mero e Komi 1986, Mero e Komi 1990.),
che dell'attività elettromiografica (Dietz
e coll. 1979; Komi 1983.) e dello stoccaggio di
energia elastica (Ito e coll. 1983, Mero e coll.
1987, Mero e Komi 1987).
Tale metodologia
si basa sul presupposto che gli adattamenti fisiologici
e biomeccanici ottenibili attraverso questo tipo
di esercitazioni possano poi essere trasferiti
in situazione naturale.
Il metodo resistivo
: attraverso il quale si cerca di ottimizzare
le capacità di forza massima e di forza
esplosiva che costituiranno la base sulla quale
sinnesteranno tutte le esercitazioni specifiche
tendenti alla massimalizzazione della performance
di sprint (Schmidtdbleicher 1985; Anderson e Kearney
1982; Atha 1981, Berger 1962 a, b.).
Le esercitazioni
normalmente utilizzate nel metodo resistivo sono
il traino effettuato secondo diverse modalità,
la corsa in acqua o su sabbia e la corsa in salita.
Il traino
Il traino è
probabilmente l'esercitazione appartenente al
gruppo del metodo resistivo maggiormente utilizzata,
in particolare il traino di un pneumatico di peso
variabile costituisce la più tipica e conosciuta
modalità di lavoro nell'ambito delle esercitazioni
rivolte allo sviluppo della forza specifica nello
sprint (Fig. 1)
Aumentando la resistenza
che si oppone al movimento di avanzamento si richiede
all'atleta un sostanziale aumento di forza soprattutto
a carico della muscolatura estensoria dell'anca
e del ginocchio
( Behm 1991; Hakkinen
e coll. 1985; Hakkinen e Komi 1985; Komi e coll.
1982.).
La
lunghezza della fase di sprint con traino normalmente
utilizzata è di 30 m.t. effettuata per
un numero variabile di serie compreso tra 4 ed
8 , rispettando delle pause tra le serie di circa
3' , a questo tipo di esercitazione fa normalmente
seguito, dopo una macropausa di circa 6-8,' una
serie quantitativamente maggiore di sprint dai
blocchi in condizioni naturali (Vittori 1990)
Lentità
del traino dipende sia dal peso del traino stesso
che dal coefficiente di attrito di quest'ultimo
sulla superficie sulla quale si effettua lo sprint,
normalmente la
resistenza totale
applicata all'atleta (peso del traino + indice
di attrito) dovrebbe permettere a quest'ultimo
di poter effettuare i 30 m.t. di sprint impiegando
dagli 80 ai 100 centesimi di secondo in più
rispetto al proprio record sulla stessa distanza
(Vittori 1990).
Una seconda metodica
di traino utilizzata è l'impiego del paracadute
(Fig.2), che può offrire il vantaggio di
essere facilmente rilasciato ad un certo tratto
del percorso dando in tal modo all'atleta la sensazione
di un incremento della velocità di corsa,
il metodo del rilascio può comunque essere
adottato anche nel più classico traino
del pneumatico.
Corsa in salita
La corsa in salita
aumenta la sollecitazione a carico della muscolatura
estensoria delle anche diminuendo l'ampiezza dei
passi ed aumentando il tempo di appoggio (Kunz
e Kaufmann 1981).
Particolare attenzione
deve essere posta quindi da parte dell'atleta
nel rendere massima l'ampiezza di corsa.
Gli sprint in salita
si eseguono su tratti che presentano pendenze
piuttosto elevate comprese tra il 12 ed il 20%
e su distanze che vanno dai 30 agli 80 m.t..
La quantità
globale di lavoro oscilla tra i 200 ed i 500 m.t.
in rapporto al fatto che si utilizzino sprint
della lunghezza di 30 m.t. oppure di 60-80 m.t.
(Assi e coll. 1983).
Da un punto di
vista traumatologico è interessante notare
come la biomeccanica della corsa in salita rispetto
a quella della corsa in piano salvaguardi maggiormente
la muscolatura posteriore della coscia.
La biomeccanica
dello sprint in salita infatti comporta una minore
apertura del passo rispetto allo sprint in piano
dal momento che ogni appoggio successivo si verifica
in punto più alto rispetto al precedente
escludendo in tal modo una parte della parabola
discendente e limitando di fatto i possibili rischi
per la muscolatura posteriore della coscia (Arcelli,
Ferretti, 1993).
L'attivazione
muscolare nello sprint
In effetti una
delle problematiche biomeccaniche dello sprint
è costituita dal fatto di dover vincere
l'inerzia del proprio corpo soprattutto nella
fase di accelerazione, normalmente identificata
nei primi 30 m.t.
Dal punto di vista
muscolare in questa fase sono attivamente coinvolti
gli estensori delle anche, il grande gluteo, il
bicipite femorale, il semitendinoso, il semimembranoso,
il quadricipite femorale, il gastrocnemio ed il
soleo (Chu e Korchemny 1989)
Il ruolo principale
nella biomeccanica muscolare sia della fase di
accelerazione che della fase di massima velocità,
è ricoperto dalla muscolatura estensoria
dell'anca ( Mann 1981; Mann e Sprangue 1980.),
tuttavia non bisogna dimenticare l'importanza
del ruolo della muscolatura estensoria degli arti
inferiori .
In effetti analizzando
attentamente la biomeccanica dello sprint, possiamo
notare come sia necessario ridurre la caduta del
centro di massa dell'atleta nella fase eccentrica
del movimento, ossia nella fase immediatamente
successiva allappoggio del piede al suolo
: questa limitazione della caduta del centro di
massa è ottenibile attraverso una forte
azione eccentrica della muscolatura estensoria;
tale limitazione permetterebbe una minore ampiezza
del ciclo di allungamento muscolare permettendo
in tal modo un aumento dello stoccaggio di energia
elastica ed un susseguente potenziamento della
fase concentrica di spinta (Chu e Korchemny 1989;
Bosco 1997; Asmussen e Bonde Peterson 1974; Cavagna
1977).
In quest'ottica
l'allenamento resistivo si colloca quindi come
tipo di esercitazione specifica per l'incremento
della produzione di forza da parte della muscolatura
estensoria dell'anca , che a sua volta inciderà
positivamente sulla massima velocità di
corsa sia in fase di accelerazione che di corsa
lanciata.
La pendenza
virtuale
Alcuni metodi normalmente
utilizzati nellallenamento resistivo presentano
tuttavia alcuni inconvenienti di tipo pratico.
Se da un lato l'utilizzo
del traino non presenta particolari problemi,
altrettanto non si può dire per ciò
che riguarda la corsa in salita.
Non risulta infatti
sempre così facile poter disporre di salite
con la pendenza e la lunghezza desiderata per
il tipo di allenamento
da effettuarsi; sarebbe poi interessante poter
avere a disposizione diverse percentuali di pendenza
in funzione dell'incremento di forza che si intende
produrre nella fase di spinta .
La soluzione proposta
da alcuni autori di effettuare lo sprint in salita
addizionando l'atleta di un leggero traino, qualora
non si disponesse di percentuali di salite idonee,
rimane un metodo possibile ma resta il problema
di dover calcolare precisamente l'effetto del
traino sulla percentuale di salita.
In altre parole
come calcolare la variazione della percentuale
di pendenza in funzione del peso del traino imposto
all'atleta?
La possibilità
di effettuare agevolmente tale calcolo permetterebbe
quindi di variare artificialmente la pendenza
della salita stessa permettendo così di
utilizzare una sola salita di pendenza minima
come "salita di base" alla quale, o meglio, sulla
quale far variare la percentuale di pendenza in
funzione dellincremento della forza di spinta
desiderato.
L'utilizzo di un
traino a ruote si presenta particolarmente adatto
a questo scopo, in quanto a differenza del sovraccarico
(costituito ad esempio dall'uso di un giubbetto
zavorrato) permette di aumentare, dal punto di
vista della biomeccanica di corsa, la componente
orizzontale della forza di spinta incidendo in
modo minore sulla componente verticale (Fig 3);
uneccessiva diminuzione della componente
verticale comporterebbe infatti una marcata riduzione
della fase di volo che causerebbe a sua volta
una diminuzione nellimmagazzinamento e nella
restituzione di energia elastica durante la fase
stiramento-accorciamento (Bosco 1997); inoltre
l'impiego di un traino su ruote permette di poter
facilmente quantificare l'indice di attrito di
quest'ultimo sulla superficie di scorrimento.
Per determinare
lentità del sovraccarico da utilizzare
occorre partire dallassunto che essendo
la distanza da percorrere fissa il lavoro sia
equivalente, in altre parole disponendo ad esempio
di una salita di 30 m.t. dell11% di pendenza,
si vuole che latleta con un opportuno sovraccarico
effettui la stessa quantità di lavoro che
effettuerebbe percorrendo una salita di 30 m.t.
con una pendenza del 20%.
Il sovraccarico
quindi può essere calcolato attraverso
le seguenti formule:
Ptot = P x sen
b x sen a = P x tang b / tang a
x cos b / cos a @ P x tang b /
tang a (1)
Psov = Ptot
P (1)
In cui:
Ptot è
il peso totale costituito dal peso dellatleta
più il peso del traino comprensivo della
forza di attrito
P è
il peso dellatleta
sen b
e tang b sono rispettivamente il seno
e la tangente dell' angolo relativo alla salita
la cui pendenza si intende simulare
sen a
e tang a sono rispettivamente il seno
e la tangente dell angolo relativo alla
salita reale
La formula : Ptot
= P x tang b / tang a può essere
utilizzata quando sia possibile trascurare il
"termine correttivo" cos b / cos
a ; questa semplificazione appare lecita quando
i valori di a e b non differiscano significativamente
( errori » 1% e » 1,5% per differenze
tra le pendenze rispettivamente del 5% e del 10%);
in caso contrario occorrerà utilizzare
lespressione: Ptot = P x tang b / tang
a x cos b / cos a .
L'indice di attrito
del traino può essere facilmente desunto
cronometrando il tempo impiegato dal traino stesso
nel compiere un tragitto preventivamente misurato,
ad esempio 1,5 m.t., quando quest'ultimo sia rilasciato
sulla pendenza stessa ed utilizzando le seguenti
formule:
Fa = M (g x sen
a - a ) (2)
Fa = Fa
/ g = P ( sen a - a / g ) (2 )
In cui Fa
è l'indice di attrito espresso in Newton
In cui Fa
come sopra espresso in kgp
M, massa
del traino in kg
P, peso
del traino in kgp
g, accelerazione
di gravità pari a 9.81 m . s -1
a, accelerazione
assunta dal traino nel corso della discesa , pari
2 s / t2 in cui s è lo spazio percorso
, e t il tempo impiegato dal traino per
percorrere tale spazio.
Può essere
determinata la riduzione D P in N ( oppure
D P in kgp) del sovraccarico sul traino,
uguagliando i lavori compiuti da D P ed Fa
quando latleta percorre un tratto l con
pendenza tang a :
D P·l·sen
a = Fa·l da cui: D P = Fa /sen a
[N], oppure : D P = Fa /sen a
[kgp]
Si noti che per
pendenze usuali (» 10%), sen a assume
valori "piccoli" (» 0,1); è
quindi necessario misurare Fa ed a con notevole
precisione (errore non superiore all1%)
al fine di evitare errori grossolani.
Esemplificando
praticamente ed applicando la (1), nel caso in
cui si abbia a disposizione una pendenza di 30
m.t. dell' 11% e si voglia simulare una pendenza
del 20% della stessa lunghezza su di un atleta
del peso di 70 kg si avrà:
70 x 20 / 11 =
127 kgp
Ricordiamo che
la pendenza è la tangente dellangolo
relativo alla salita considerata.
Dalla (1) ricaveremo
quindi che il P tot (atleta + traino + attrito
del traino ) è pari a 127 kg.
Il peso del traino
comprensivo dellattrito sarà quindi
di 57 kg (127-70)
Può essere
utile al lettore un esempio sulla determinazione
dellindice di attrito del traino.
Avendo a disposizione
un traino (come dalla Figura 4) del peso
totale di 57 kg , lo si lasci percorrere un tratto
di 1,5 m.t. sulla pendenza a disposizione (11%),
cronometrando il tempo impiegato dal traino stesso
a percorrere tale tratto.
Supponendo che
il tempo registrato sia di 2 secondi (a = 2·1,5/4
= 0,75 m·sec-2 e sen a = 0,109), applicando
la
(2) Fa » 57·(9,81·0,109-0,75)
» 18,2 N
D P »
18,2/0,109 » 167 N ossia D P =
167/9,81 » 17 kgp
Quindi per ottenere
Psov = 57 kgp, occorrerà un traino di :
57 - 17 = 40 kgp (peso proprio del traino + zavorra).
Occorre precisare
che le formule indicate sono state determinate
per la corsa a velocità costante e perdono
validità in fase di accelerazione.
Lo stesso "effetto
traino" può essere simulato attraverso
un dispositivo simile a quello illustrato in Figura
5, in cui una carrucola a frizione , il cui attrito
è regolato in base alla resistenza desiderata,
sostituisce il traino classico.
Ricordando quanto
già indicato a proposito del sovraccarico,
trascurando il peso del cavo, può essere
determinata la forza di attrito (Fa) necessaria
per simulare la pendenza tang b , mentre latleta
percorre la salita con tang a : Fa = Psov
·sen a , in cui Fa è misurato
nella stessa unità di Psov..
E interessante
notare come per questo metodo di lavoro i calcoli
sopraindicati restano validi anche in fase di
accelerazione e non soltanto per velocità
di corsa costante come nel caso precedente del
traino a ruote.
Questa esercitazione
permette , attraverso un dispositivo di sgancio
veloce, di cambiare in pratica il grado della
pendenza utilizzata dopo un certo tratto di percorso
secondo il metodo delle "varianti" proposto
da Verkhoshansky (1996).
Conclusioni
Questo tipo di
approccio alla metodica dello sprint in salita
permette quindi degli indubbi vantaggi, in primo
luogo consentendo di risolvere dei problemi operativi
inerenti la non semplice facile ricerca di salite
adatte al tipo di sollecitazione richiesta dalla
metodologia di allenamento che si intende utilizzare,
e secondariamente permettendo un esatta
quantificazione della produzione di forza richiesta
all atleta.
Vogliamo a questo
proposito sottolineare come unattenta e
precisa quantificazione del carico di allenamento
sia uno dei parametri maggiormente importanti
nella programmazione dellallenamento, la
possibilità quindi di poter quantificare
esattamente un aspetto importante dellallenamento
alla velocità riveste certamente un indubbio
interesse soprattutto nel caso di pianificazioni
di lavoro rivolte ad atleti di alto profilo agonistico.
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