Valutazione
come puzzle
di Gian Nicola
Bisciotti
Il concetto
del puzzle
Spiegare in termini
chiari e comprensibili come sia nata unidea
costituisce, solitamente, unimpresa difficoltosa
ed il mio timore è che lo sia anche questa
volta, soprattutto considerando che lidea
in questione potrà sicuramente urtare la
suscettibilità di alcuni che credono fermamente
nelle loro...idee naturalmente. Nel momento in
cui si parla di valutazione funzionale, a mio
parere, si cade comunemente in un errore concettuale
di fondo, ossia quello di credere che con un unico
test o prova funzionale si possa avere un quadro
chiaro e preciso della situazione neuro-muscolare,
e quindi funzionale, dellarto leso. Così
in effetti non è, non esiste infatti a
mio parere nessun tipo di test o prova funzionale
di carattere per così dire "esaustivo",
che sia in grado di fornirci tutti i dati necessari,
sia alla comprensione della limitazione funzionale
determinata dalla patologia, sia alla stesura
di un idoneo piano riabilitativo. Da questa constatazione
è nato quello che abbiamo voluto denominare
"il concetto del puzzle". Immaginiamo
di dover indovinare una figura componendone i
tratti grazie allassemblaggio di un certo
numero di tasselli di un puzzle; mi sembra ovvio
che sia difficoltoso per chiunque poter dare la
giusta riposta avendo a disposizione un solo tassello.
Mi sembra altrettanto ovvio che maggiore sarà
il numero di tasselli assemblati coerentemente
tra loro, più alta risulterà la
probabilità di poter interpretare correttamente
la figura in questione. Nellambito della
riabilitazione funzionale, direi che avviene allincirca
la stessa cosa: più prove funzionali, "assemblate"
coerentemente tra loro, saranno sicuramente in
grado di fornirci un numero dinformazioni
utili indiscutibilmente maggiore di quanto non
possa darci un unico test. Avere a disposizione
un maggior numero dinformazioni, significa
in ultima analisi, avere un quadro della situazione
funzionale nella quale versa il paziente, sempre
più chiaro e delineato che ci permetterà
di conseguenza una maggiore e più efficace
possibilità dintervento. Spero di
aver chiarito, ovviamente a grandi linee la "genesi"
dellidea del "concetto del puzzle",
che nasce appunto dallesigenza di fornire
alloperatore, nella fattispecie il fisioterapista,
il medico sportivo, il fisiatra o comunque qualsiasi
altra figura professionale che si occupi di riabilitazione
funzionale, uno strumento "modulare"
attraverso il quale poter costruire un quadro
di riferimento sempre più chiaro e preciso
in funzione dei "moduli" utilizzati.
La valutazione
funzionale dellatleta.
Valutare funzionalmente
un atleta comporta le stesse problematiche della
valutazione funzionale di un individuo sedentario?
Direi che in questo caso la risposta non può
essere affermativa; per definizione un atleta
è un individuo che utilizza, ovviamente
in rapporto al modello prestativo della disciplina
praticata, le proprie capacità condizionali
e coordinative al massimo della loro possibile
espressione funzionale. Diverso è ovviamente
il caso di colui che non pratichi nessun tipo
dattività sportiva ed il cui scopo
sia quello di ritornare ad una funzionalità
che non interferisca negativamente con la qualità
di vita desiderata. Mi sembra quindi ovvio che,
senza chiaramente sottostimare le legittime attenzioni
dovute a chi atleta non è, né tanto
meno intende diventarlo, la valutazione funzionale
di uno sportivo necessiti di unattenzione
particolare.
Da sempre il test
principale, anzi in moltissimi casi direi lunico
tipo di valutazione funzionale, a cui ogni sorta
di tipologia datleta si sottoponeva, era,
ed è tuttora, il test isocinetico. Ma lisocinetica
è una metodica valutativa veramente affidabile?
E soprattutto, nel caso della valutazione funzionale
di un atleta, può fornire le informazioni
necessarie al particolare tipo dattivazione
muscolare che latleta, una volta completamente
riabilitato, si troverà ad affrontare sul
campo? La risposta è ancora una volta negativa.
Infatti anche se lisocinetica ha indubbiamente
permesso un importante progresso nellambito
dello studio del comportamento muscolare1-2,
il tipo di contrazione muscolare prodotto attraverso
la modalità isocinetica, presenta delle
notevoli ed imprescindibili differenze con il
tipo di contrazione che viene effettuata nel corso
di un movimento naturale.
I limiti
dei test isocinetici
Vediamo allora
di chiarire, seppure sommariamente quali siano
i limiti interpretativi di un test isocinetico.
La prima fondamentale differenza che intercorre
tra la contrazione isocinetica e quella naturale,
è costituita dal fatto che, nel primo caso
il muscolo si contrae a velocità costante,
senza quindi poter generare accelerazione, che
al contrario, costituisce una delle caratteristiche
principali della contrazione naturale. Secondariamente
occorre ricordare come la maggior parte dei movimenti
naturali, sia nelluomo, che nellanimale
, sia caratterizzata da unattivazione muscolare
che comporta una fase di contrazione muscolare
di tipo eccentrico, a cui fa seguito una limitatissima
fase di stabilizzazione isometrica, immediatamente
seguita da una fase concentrica. Questo particolare
tipo dattivazione, viene comunemente definito
come ciclo stiramento-accorciamento3-4-5
(SSC). Da una fase di pre-stiramento, immediatamente
seguita da una contrazione concentrica, consegue
un accumulo denergia elastica potenziale
a carico del complesso muscolo-tendineo che viene
restituita sotto forma di lavoro meccanico, durante
la fase concentrica del movimento4.
Nel corso di un esercizio o di un test isocinetico
laccumulo denergia elastica durante
la fase eccentrica del movimento è di fatto
impedito dalla stessa resistenza offerta dallapparecchiatura,
che è proporzionale alla forza espressa
dal soggetto. Questo comporta il fatto che non
sia necessario esercitare nessuna forza eccentrica
per frenare il carico, che di per se non tenderà
a ritornare alla posizione di partenza per effetto
della forza di gravità. Inoltre, nel corso
di un movimento che naturale, che quindi preveda
uno SSC, il muscolo è in grado di sviluppare
delle velocità angolari molto rilevanti,
che nel caso ad esempio dellarticolazione
della spalla possono anche superare i 34 rad.
sec-1 6, al contrario le velocità
angolari raggiungibili nel corso di un movimento
effettuato su di un apparecchiatura isocinetica
possono essere al massimo dellordine dei
6-7 rad. sec-1.
A tutto ciò
si uniscono anche marcate differenze nel tracciato
elettromiografico registrato durante una contrazione
isocinetica ed una di tipo eterotonico (ossia
naturale), differenze che sottolineano ulteriormente
le differenze tra i pattern dattivazione
dei due tipi di movimento2. Ma vi sono
anche degli ulteriori punti che meritano di essere
sottolineati e che rinforzano lidea dellinadeguatezza
della valutazione isocinetica soprattutto in ambito
sportivo:
- La condizione
isocinetica, ossia il rispetto della velocità
costante, non è sempre osservata durante
un movimento definito come tale. Infatti, durante
la fase iniziale, che è definita "fase
oscillatoria", lapparecchiatura isocinetica
richiede un certo intervallo di tempo per regolare
la velocità impostata, durante questintervallo
di tempo il movimento non si svolge a velocità
costante. Durante la fase oscillatoria inoltre,
quanto maggiore risulti essere la velocità
impostata, tanto maggiore sarà il tempo
necessario al controllo di questultima
da parte dellapparecchiatura. Da questo
consegue che, se la velocità impostata
è relativamente elevata, la velocità
effettivamente raggiunta durante la prima fase
del movimento, può in effetti essere
maggiore anche del 50% rispetto a quella effettivamente
programmata7. La condizione isocinetica
non viene rispettata nemmeno nella fase finale
del movimento, definita "fase decelerativa"
7, per cui, in un arco di movimento di
per sé piuttosto limitato, come ad esempio
un movimento di estensione della gamba sulla
coscia effettuato al leg extension (il cui ambito
angolare è di solamente 90°), la
parte effettivamente definibile come isocinetica
si riduce solamente ad una ristretta parte centrale
del movimento stesso6. Ci troviamo
quindi di fronte ad un movimento svolto sotto
una forma "ibrida " e non ben definibile,
che costituisce un "melange" tra movimento
ad isovelocità ed a velocità variabile.
- La produzione
di potenza, durante un test isocinetico, viene
sistematicamente sottostimata. Come ben noto
nella relazione forza-velocità riguardante
il muscolo in vitro, la massima potenza si ottiene
grazie alla produzione di una forza che rappresenta
circa 1/3 della forza massimale del soggetto
ed una velocità di accorciamento che
è ugualmente pari a circa 1/3 della massima
velocità di contrazione8.
Al contrario nel muscolo in vivo, ossia in condizioni
di attivazione naturale, la relazione forza-velocità
si presenta di tipo lineare9-10-11-12 ed
il picco di potenza si ottiene attraverso una
tensione ed una velocità di contrazione
entrambe pari al 50% del valore massimale13.
Dal momento che nei migliori dinamometri isocinetici
le massime velocità angolari ottenibili
sono dellordine di circa 400-450°
· s-1, a fronte di velocità
massimali che vanno ben oltre i 1000° s-1,
come nel caso dellarticolazione
della spalla, è facilmente comprensibile
come, durante una valutazione isocinetica, la
massima potenza del gruppo muscolare testato
venga sistematicamente sottostimata.
- Il momento nel
quale si registra il picco di forza in un movimento
isocinetico differisce totalmente da quello
in cui si verifica la massima espressione di
forza nel corso di un movimento isotonico. Nellesercizio
isotonico (definibile ancor meglio con il termine
di eterotonico od auxotonico, dal momento che
a differenti angoli del movimento corrispondono
diversi valori di forza) il movimento delle
leve ossee avviene ad una velocità variabile
ed a carico costante (per tale motivo un movimento
di questo tipo può essere anche definito
isoinerziale, in ragione della costanza dellinerzia
gravitazionale del carico durante tutto larco
del movimento stesso). In questo tipo di movimento,
dal momento che alla variazione delle leva articolare
corrisponde una variazione dellespressione
di forza muscolare, il massimo valore di questultima
si registrerà nel momento più
sfavorevole della leva stessa. Nelle apparecchiature
isocinetiche la forza muscolare viene espressa
come "momento di forza" e corrisponde
quindi al prodotto tra la forza e la distanza
tra il punto di applicazione della forza ed
il centro di rotazione (momento di forza (Nm
) = forza X braccio di leva). Per tale motivo,
durante un movimento isocinetico il picco del
momento di forza (PMF o peak torque), viene
registrato, al contrario di quanto invece avvenga
durante un movimento auxotonico, nel punto più
favorevole della leva articolare6.
- In molti tipi
di apparecchiature isocinetiche è possibile
effettuare una registrazione dei valori di forza
eccentrica della muscolatura testata. Questo
tipo dindagine risulterebbe in effetti
particolarmente interessante soprattutto per
quei muscoli, come ad esempio la muscolatura
flessoria della coscia, che vengono particolarmente
sollecitati in contrazione eccentrica durante
i movimenti naturali. Tuttavia, come daltro
canto avviene anche durante la modalità
concentrica, il valore di forza eccentrica che
viene così registrato, si riferisce ad
un movimento eccentrico effettuato a velocità
costante, modalità di comportamento muscolare
che differisce molto da quella osservabile durante
un movimento eccentrico naturale, che si svolge
invece a velocità di allungamento muscolare
variabile.
Tutta questa serie
di considerazioni deve quindi indurci ad una seria
riflessione sullopportunità dellutilizzo
dei test isocinetici nellambito della riabilitazione
funzionale dellatleta. Resta infatti a mio
avviso molto discutibile il fatto di poter trarre
delle indicazioni idonee ad un efficace recupero
funzionale da un tipo di valutazione che comporta
un pattern di attivazione muscolare molto diverso
rispetto a quello che latleta ritrova durante
un gesto naturale, quando il pieno recupero di
questultimo, in definitiva, è lobbiettivo
del programma riabilitativo.
Figura
1: Nella fase iniziale di un movimento isocinetico,
tecnicamente definita con il termine di "fase
oscillatoria", di fatto il parametro di
isovelocità non viene rispettato a causa
del ritardo di regolazione dellapparecchiatura
Figura 2 : Oltre che nella fase iniziale, anche
nella fase finale decelerativa, il movimento non
avviene a velocità costante. La vera fase
isocinetica si riduce quindi solamente alla fase
centrale del movimento stesso.
Su che
tipo di metodica deve basarsi la valutazione funzionale
dellateta?
Un atleta necessita,
ancor più di quanto non lo sia per un sedentario,
di una metodica valutativa atta a mettere in luce
gli eventuali deficit funzionali nellambito
del pattern di attivazione neuro muscolare che
ritroverà poi nel gesto tecnico specifico.
Per questo motivo la metodica di tipo isoinerziale
costituisce senza dubbio la più affidabile
tecnica valutativa in ambito funzionale.
Valutazione isoinerziale
e "concetto del puzzle", ossia la costruzione
attraverso più test, ognuno specifico per
un determinato tipo di comportamento neuro-muscolare,
costituiscono quindi la nuova chiave interpretativa
del concetto di diagnosi funzionale dello sportivo
(ma ovviamente anche del non sportivo) di cui
stiamo cercando di farci interpreti. I tasselli
del nostro ipotetico "puzzle funzionale",
messi a punto sinora, sono otto:
WORK TEST:
test che quantifica la produzione di forza, di
potenza, la velocità di contrazione e la
capacità di lavoro dellarto leso
e confronta i suddetti parametri con gli stessi
dellarto controlaterale sano.
BI - TEST
: test che abbina lelettromiografia di superficie
alla dinamometria isometrica e permette in tal
modo dindagare il pattern di attivazione
neuromuscolari dei due arti.
FVR - TEST:
prova funzionale che permette la costruzione della
relazione forza - velocità dellarto
leso e di confrontarla a quella dellarto
sano.
ELASTICITY TEST:
da cui si ricavano i valori percentuali di restituzione
di energia elastica nelle sue diverse componenti
( aumento dellimpulso di forza, di velocità
di contrazione e di produzione di potenza media).
FATIGUE TEST:
test in.grado di indicare il possibile cambiamento
della tipologia delle fibre muscolari dellarto
traumatizzato in seguito al periodo di immobilizzazione
e di riabilitazione post traumatico.
POWER TEST:
attraverso il quale è possibile costruire
la relazione forza/potenza e velocità/potenza
,sia per larto leso, che per il controlaterale
sano.
STIFFNESS TEST:
test che permette di calcolare la rigidità
del complesso muscolo tendineo (espressa in N
. m-1 . kg-1) e che si è
rivelato particolarmente adatto ed innovativo
nellambito di alcune patologie specifiche
come ad esempio le lesioni al tendine di Achille.
SYNCRO PLATES:
test che utilizza una doppia piattaforma di forza
sincronizzata e permette, attraverso una particolare
analisi del segnale di forza registrato, di ripercorrere
e di interpretare, sotto unottica "riabilitativa",
la sequenza dei diversi pattern di attivazione
neuromuscolare che si susseguono durante il più
tipico dei movimenti balistici quale il salto.
Figura 3:
l'allegorismo del puzzle ci permette di comprendere
come solamente grazie allapporto informativo
di numerose prove funzionali, coerenti tra loro,
sia possibile ottenere una visione chiara e
precisa dellipofunzionalità indagata.
Assembliamo
il puzzle
Cominciamo ad assemblare
"virtualmente" il nostro puzzle. Al
fine di razionalizzare il più possibile
la valutazione funzionale, il primo dei "tasselli"
da utilizzare è costituito dal Work test14.
Attraverso questo tipo di prova funzionale è
possibile quantificare, sia attraverso un movimento
effettuato in catena cinetica chiusa, che aperta,
la produzione di forza, quella di potenza, la
velocità di contrazione e la quantità
di lavoro svolta dallarto lesionato e confrontarle
con quelle sostenibili dallarto sano. Ciò
che si ottiene è una visione dinsieme
delle principali caratteristiche biomeccaniche
del movimento, che può già orientare
il medico od il terapista sugli aspetti funzionali
più deficitari e che meritano un ulteriore
approfondimento, effettuabile appunto con un ulteriore
tipo di test maggiormente specifico, che costituirà
in questo caso un ulteriore "tassello"
in grado di rendere ancor più chiara ed
intelliggibile la situazione funzionale da indagare.
Il Work
test
Nel quadro di un
ottimale piano riabilitativo, assume unimportanza
fondamentale poter monitorizzare, con un metodo
obbiettivo e non soggettivo (ossia non legato
alla sola manualità del fisioterapista)
i parametri biomeccanici fondamentali dellazione
muscolare. Inoltre, come già ricordato
allinizio dell articolo, soprattutto
nel caso di valutazione funzionale dellatleta,
assume particolare importanza il poter effettuare
prove funzionali che utilizzino lo stesso pattern
di attivazione che latleta stesso ritroverà
durante il gesto tecnico specifico, il che giustifica
pienamente la preferenza da accordare ad i test
isoinerziali nei confronti dei test isocinetici.
Un evento traumatico
a livello artro-muscolare, comporta di norma una
marcata amiotrofia della muscolatura insultata
ed una perdita di funzionalità, sia muscolare
che articolare. Nel caso ad esempio di rottura
traumatica isolata od associata del LCA, a cui
consegua una sua ricostruzione chirurgica, normalmente
effettuata in artroscopia tramite utilizzazione
del tendine rotuleo, si verifica una marcata amiotrofia
della muscolatura della coscia in toto15.
Lipotonotrofia muscolare coinvolge, sia
la muscolatura flessoria, che quella estensoria,
anche se la sofferenza muscolare a carico degli
estensori appare notevolmente maggiore16.
La lesione associata del menisco interno sembra
aggravare il deficit funzionale dinamico in flessione,
mentre le lesioni a carico del menisco esterno
aggraverebbero il quadro funzionale dinamico estensorio16.
La perdita di tono muscolare, registrabile soprattutto
a carico degli quadricipite femorale si traduce
in una perdita di capacità contrattile,
sia durante la contrazione muscolare effettuata
secondo la modalità isocinetica, che isometrica16-17.
La perdita di forza a carico degli estensori,
in pazienti che abbiano subito un intervento di
chirurgia ricostruttiva del LCA, appare essere
correlata alla velocità di contrazione
richiesta e diverrebbe particolarmente evidente
a basse velocità di contrazione muscolare18.
Il quadro dipofunzionalità che si
viene a creare comporta quindi una perdita di
forza , potenza e lavoro (inteso come lintegrale
della curva forza/spostamento) dellarto
leso rispetto allarto sano. Il Work Test
in questo caso permette, grazie ad una specifica
apparecchiatura ed ad un programma software dedicato
(Globus Evaluation System by Globus Italia), appunto
di quantificare agevolmente ed obbiettivamente
lentità di tale deficit. Il protocollo
del test prevede che il paziente esegua dapprima,
con un carico determinato dal terapista, una serie
di ripetizioni ad esaurimento muscolare completo
con larto leso, successivamente lo stesso
carico e lo stesso numero di ripetizioni vengono
riproposte sullarto sano. Viene in tal modo
calcolato il deficit percentuale a carico della
forza, della potenza, della velocità e
della capacità di lavoro dellarto
leso rispetto al controlaterale sano.
Sempre nel caso
di una riabilitazione dopo ricostruzione artroscopica
di LCA latleta può ragionevolmente
pensare di potersi gradualmente riavvicinare allattività
sportiva quando i suddetti parametri (arto leso
- arto sano) non differiscono di una percentuale
maggiore del 15%, valore limite oltre il quale
larto leso è ancora da considerarsi
non pienamente funzionale.
Nella figura 4
viene presentato il caso di un atleta con pregressa
lesione isolata del LCA trattata chirurgicamente
mediante ricostruzione artroscopica, ormai prossimo
al reinserimento sportivo, dal momento che quasi
tutti i parametri indagati rientrano nel range
di disequilibrio funzionale tollerabile.
Figura
4: i risultati del Work test effettuati su di
un atleta con pregressa lesione del LCA trattata
chirurgicamente in 120a giornata post-operatoria
Il Bi-Test
Anche se il Work
test è in grado di fornirci una visione
globale dellipofunzionalità del paziente,
è comunque spesso necessario, soprattutto
in presenza di riabilitazioni particolarmente
"delicate", come appunto nel caso di
un atleta, approfondire alcuni aspetti essenziali
del meccanismo di attivazione neuromuscolare,
come ad esempio il diverso grado di attivazione
dei gruppi muscolari sinergici, attivi durante
il movimento considerato. Preoccuparsi solamente
di quantificare dinamometricamente la produzione
di forza nellarto leso e nel controlaterale
sano, senza indagare quali siano i meccanismi
neuromuscolari che sottendono a tale produzione,
significa ignorare un aspetto fondamentale della
problematica riabilitativa, esponendo il paziente
a notevoli rischi. Il Bi-test19 mettendo
in relazione il segnale elettromiografico di superficie
(EMG) con il segnale dinamometrico, riesce a chiarire
e quantificare lintervento dei diversi gruppi
muscolari implicati nel movimento e quindi permette
di comparare il pattern di attivazione neuromuscolare
dei due arti.
LEMG è
una tecnica normalmente utilizzata nellindagine
clinica e funzionale ed è considerata una
metodologia strumentale idonea a fornire informazioni
riguardanti i patterns di attivazione neuromuscolare
dei distretti muscolari considerati20-21-22-23.
Il segnale elletromiografico ricavabile attraverso
la tecnica dellelettromiografia di superficie,
dipende infatti, ad ogni istante, dal numero di
unità motorie (UM) attive, dalla loro frequenza
di scarica, dal loro grado di sincronizzazione
e dalla forma del loro potenziale di azione23.
Linsulto traumatico subito a livello muscolare,
può essere la causa di un alterazione del
segnale EMG, in particolare della Ratio Forza/EMG
(F/EMG), a carico dellarto leso nei confronti
di quello registrabile nel controlaterale sano19-24.
Questa alterazione del segnale EMG può
essere causata essenzialmente da due tipi di meccanismi,
il primo dei quali legato alla sensazione dolorosa
percepita durante la contrazione stessa. La risposta
nocicettiva può essere infatti responsabile
di unalterazione della risposta di un numero
più o meno importante di pool motoneuronici,
la cui attivazione sarebbe condizionata, sia dal
sito anatomico della lesione muscolare subita,
che dallintensità della sensazione
dolorosa percepita24-25. Il secondo
meccanismo che può comportare unalterazione
della ratio F/EMG, non è necessariamente
legato alla percezione della sensazione dolorosa
da parte del paziente. Infatti in alcuni casi
infatti la severità della lesione e la
conseguente limitazione funzionale ad essa correlata,
non sono necessariamente accompagnate da una sensazione
dolorosa di pari gravità 24.
Nellambito di questo particolare quadro
clinico lalterazione della ratio F/EMG,
a carico dellarto leso rispetto al controlaterale
sano, può essere imputabile ad un aumento
del numero di motoneuroni reclutati al fine di
compensare il deficit di forza del gruppo muscolare
leso24. Questo particolare tipo di
meccanismo compensativo può interessare
delle UM appartenenti ad un area dello stesso
gruppo muscolare non direttamente toccata dallinsulto
traumatico, oppure coinvolgere delle UM appartenenti
ad altri gruppi muscolari sinergici, che siano
in grado di svolgere lo stesso tipo di azione
biomeccanica24-26-27. Per ritornare
allesempio di ricostruzione del LCA, già
utilizzato nel caso del Work test, lipotonotrofia
e la conseguente perdita di forza, colpirebbe
soprattutto il Vasto Mediale Obliquo28
(VMO), fatto che potrebbe comportare unalterazione
della ratio EMG Vasto Mediale Obliquo / Vasto
Laterale (VMO/VL), compromettendo in tal modo
il pattern di attivazione neuromuscolari statico
e dinamico19-24.In effetti una delle
principali cause dinstabilità del
ginocchio conseguente ad intervento ricostruttivo
del LCA, in seguito ad una sua rottura isolata
od associata, è proprio costituita dall
ipotonia e dallipotrofia del quadricipite
femorale, ed in particolar modo del VMO, conseguente
al periodo di ipofunzionalità successivo
allatto operatorio19-29-30 .
In questo particolare contesto, lanalisi
EMG in generale, ed il Bi-test in particolare,
possono fornire importanti informazioni atte a
quantificare obbiettivamente il deficit muscolare
causato dal periodo di ipofunzionalità
successivo allatto operatorio16-17-19-29-30.
Diviene soprattutto interessante, ai fini diagnostici
e preventivi, poter comparare la Ratio VMO/VL
dellarto sano nei confronti del controlaterale
leso19-24. Unalterazione di questultima
comporta infatti una contemporanea alterazione
dei patterns di attivazione neuromuscolare che
potrebbe, in ultima analisi, esporre larto
leso al rischio di una recidiva traumatica, soprattutto
nella fase in cui il soggetto praticante unattività
sportiva, alla fine del periodo riabilitativo,
si riavvicini attivamente a questultima19-24-31.
Infatti la semplice riacquisizione di forza dellarto
leso nei confronti del controlaterale sano, testabile
attraverso modalità isometriche, isotoniche
od isocinetiche, non garantisce, a nostro parere,
un parallelo ripristino dei patterns di attivazione
neuromuscolare, che potrebbero essere comunque
sostanzialmente diversi, anche in presenza di
uneguale espressione di forza, grazie a
dei meccanismi muscolari di compenso19-24.
Una contemporanea valutazione dinamometrica ed
elettromiografia, effettuata grazie al Bi-test
permette invece di poter disporre di un quadro
valutativo della situazione artro-muscolare sicuramente
più completo, attendibile e scevro da possibili
rischi.
Figura
5a
Figura
5a -5b: nelle figure sopra riportate sono presentati
i dati riguardanti una ricerca effettuata su 10
pazienti sottoposti a ricostruzione artroscopica
del LCA in 60a ± 7 a
giornata post-operatoria. Nel riquadro 5a viene
mostrato il deficit di forza a carico degli estensori
che era pari al 30.27 ± 21.65% (681.90 ±
49.17 versus 704.41 ± 174.83 N, p< 0.005).
Nel riquadro 5b si può osservare la differenza
tra la Ratio VMO/VL nellarto sano e nellarto
leso (1.12 ± 0.08 versus 0.95 ± 0.04,
p<0.006). Questi dati sottolineano come, contestualmente
ad una deficit contrattile a carico della muscolatura
estensoria, si sia verificato nei due arti anche
un cambiamento nel pattern di attivazione neuromuscolare
di questultima (Bisciotti e coll., 2001).
Alla luce di quanto
detto, lesempio del puzzle che abbiamo utilizzato,
forse ora non ci sembrerà più così
banale come a prima vista molti potranno aver
pensato. Se non altro ci è servito a chiarire
come nella valutazione funzionale non esista un
test esaustivo, che possa completamente renderci
edotti sulla situazione fisiologica indagata,
occorre al contrario, con molta più pazienza,
"mettere insieme" numerosi tasselli,
che ci permettano una visione dinsieme finale
chiara e coerente. La logica di utilizzo, e conseguentemente
di lettura funzionale, dei due primi tasselli
del "puzzle", il Work-test ed il Bi-test,
presentati in questo articolo, è quella
che lequilibrio atro-muscolare di un arto
deve essere necessariamente inteso, sia sotto
laspetto delle sue capacità contrattili,
sia considerando il pattern di attivazione neuromuscolari
attraverso il quale la contrattilità muscolare
si esprime. Solamente considerando il problema
sotto questo duplice aspetto, lapproccio
riabilitativo può considerarsi veramente
completo.
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