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Argomento:
Metodologia dell'allenamento del calcio
Data:
2002
Testata:
Il Nuovo Calcio. 120: 50-61, 2002
 

Quanto sport per i ragazzi?
di Vincenzo Pincolini e Luciano Torri
Dopo la prima puntata (pubblicata su «Il Nuovo Calcio» ndr), nella quale abbiamo verificato il numero e i contenuti degli allenamenti nei diversi sport, siamo arrivati al momento delle conclusioni. Due illustri esperti ci offrono spunti di riflessione e indicazioni da campo per lo sport più amato in Italia. Ecco, dunque, l’ingresso sul terreno di gioco

Abbiamo iniziato il viaggio nel panorama sportivo italiano, analizzando le caratteristiche e il numero di allenamenti di otto discipline: calcio, in primis, pallacanestro, pallavolo, baseball, tennis, atletica, nuoto e pattinaggio su ghiaccio. A seguire, l’opinione di un auxologo per chiarire le peculiarità di ogni fascia d’età: in questo numero, offriranno il loro contributo uno psicologo, Roberto Cadonati e un esperto in scienza dell’allenamento, Gian Nicola Biscotti, consulente scientifico dell’Inter. Al momento del via, ci siamo posti numerosi quesiti: siamo partiti dalle domande cardine, quanto ci si allena e cosa viene proposto. Proseguendo nell’analisi, sono nate nuove idee che hanno ispirato altri quesiti riferiti al mondo del calcio: la pratica di altre discipline potrebbe essere utile per lo sport di Maldini e Del Piero? Inoltre, non si sente la mancanza del famoso campetto di periferia, per non dire dell’oratorio? E più in generale: la scuola aiuta il mondo dello sport o è latitante? Abbiamo interrogato a questo proposito Vincenzo Pincolini, conosciuto preparatore atletico, e Luciano Torri, docente di teoria e metodologia del movimento umano presso la facoltà di Scienze Motorie a Milano. A loro spetta il compito di tirare le somme riguardo il dossier e… farci riflettere.

Le prime risposte

La tabella riferita a "quanto si allenano i giovani" (pubblicata lo scorso numero) mostra chiaramente che nel mondo del calcio ci si allena meno rispetto agli altri sport: questo soprattutto nelle categorie dai 10 anni in su. Nuoto, pattinaggio e atletica, praticate da giovani ad alto livello, hanno una frequenza settimanale superiore: 5-6 allenamenti con un picco di durata di 3 ore e mezza nel pattinaggio, contro le 3 sedute del calcio, con un picco di 2 ore per i ragazzi tesserati nelle società professioniste. Nell’ambito degli sport di squadra, invece, la realtà è simile. I tecnici di queste discipline hanno fatto emergere un problema comune: il minor numero d’allenamenti è dovuto a motivi prettamente logistici. I campi o le palestre devono essere condivise da molte squadre e vari sport. È chiaro che la possibilità di giocare più volte la settimana è messa da parte.

Si potrebbe pensare a soluzioni alternative? A nostro parere, praticare più sport in contemporanea, soprattutto da piccoli, innalzerebbe l’attuale livello motorio dei ragazzi. Nuovi e molteplici stimoli. Proprio grazie alla somma di abilità acquisite nelle diverse discipline, i ragazzi disporrebbero di un miglior bagaglio motorio che costituirebbe un’ottima base per qualunque disciplina cui dovessero dedicarsi in futuro. È essenziale, quindi, aver sviluppato il maggior numero di qualità cui attingere per esprimere la miglior prestazione possibile in futuro. Sentiamo ora le opinioni dei due esperti.

Oratori e campetti

Questi luoghi erano una grande risorsa per le passate generazioni: lì si trascorrevano ore e ore giocando liberamente. Bambini e ragazzi di diverse età che si confrontavano in diversi sport, per interi pomeriggi. C’era tutto: partite con avversari più grandi spingevano a dare il massimo di sé, gare due contro due, tre contro tre secondo il numero di giocatori, sia a pallacanestro sia a pallavolo, situazioni di gioco e un sano agonismo. Pincolini, cosa ne pensa del cammino sportivo dei ragazzi d’oggi?

"Purtroppo è tutto già codificato. Sembra ci siano delle griglie prestabilite per ogni sport. Non c’è nessuna apertura verso le altre discipline. Io gioco a calcio e stop. E bastano due sedute settimanali per diventare un calciatore: questo è il pensiero di molti allievi, avallato dai mister. C’è un chiaro impoverimento di abilità. Ci si specializza in una disciplina troppo presto." Ma questo non avveniva anche venti anni fa?

Continua il preparatore: "Solo in parte. Due allenamenti e sicuramente meno strutturati c’erano anche allora. Però, alle spalle, ecco tanti pomeriggi trascorsi all’oratorio. Proprio lì, si sviluppavano tutte le abilità motorie di base. Nessuna specializzazione, si giocava tanto e a tutto".

Conferma Torri: "Il campetto sotto casa o l’oratorio, erano la massima espressione del gioco. Si arrivava alle due e si tornava al casa alle otto di sera. Con un pallone ci si divertiva tutti. Più giochi: pallacanestro, calcio, pallavolo... tutti in un pomeriggio. In questo contesto, inoltre, nascevano le prime regole. I ragazzi, da soli, formavano le squadre, si arbitravano e si divertivano insieme." Possiamo parlare di uno spazio "socializzante". "Certamente — evidenzia Torri —. Pensiamo alla nascita della regole tre rimbalzi e fuori dall’area… non esiste nel gioco del calcio. Oppure alla fantasia dei ragazzi che con quattro zaini si costruivano il loro spazio di gioco. Si auto-regolamentavano, decidevano i ruoli, si sentivano, e forse erano, più adulti e maturi." I campetti di periferia sono quasi scomparsi e anche gli oratori sono in declino. Cosa si potrebbe fare?

Afferma Pincolini: "Credo che l’ideale sia la "polisportiva": una società nella quale si possano praticare più sport. Una sorta di club all’inglese. Ogni pomeriggio il ragazzo si può recare al campo, trova l’istruttore di ogni disciplina e deve provarle tutte, soprattutto da piccolo! È l’unico modo per arricchirsi motoriamente: la varietà di stimoli è fondamentale".

Simile la proposta di Torri: "Ogni società calcistica dovrebbe mettere a disposizione quotidianamente un piccolo rettangolo verde dove i ragazzi possono giocare liberamente. Due giorni la settimana mi diverto sul campo da calcio col mister e i compagni, gli altri corro al "campetto" e posso fare tutte le attività. In poche parole, uno spazio di gioco organizzato".

Due proposte interessanti, di non difficile attuazione: occorrono solo spazi e tecnici. Non sarebbe più facile che nella stessa realtà cittadina i dirigenti delle varie discipline si mettessero d’accordo tra loro? Segnala Pincolini: "Certo. Il problema è la corsa ai tesserati cui le federazioni e le società mirano. Questo è il dramma sportivo italiano: una lotta fratricida. Si cercano i numeri e non la qualità nell’intervento. Non si capisce che solo insieme si potrebbe migliorare la realtà sportiva italiana. E invece no! Ognuno coltiva il suo orticello.

 
   
                     
                     
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