Quanto
sport per i ragazzi?
di Vincenzo
Pincolini e Luciano Torri
Dopo
la prima puntata (pubblicata su «Il Nuovo
Calcio» ndr), nella quale abbiamo verificato
il numero e i contenuti degli allenamenti nei
diversi sport, siamo arrivati al momento delle
conclusioni. Due illustri esperti ci offrono spunti
di riflessione e indicazioni da campo per lo sport
più amato in Italia. Ecco, dunque, lingresso
sul terreno di gioco
Abbiamo
iniziato il viaggio nel panorama sportivo italiano,
analizzando le caratteristiche e il numero di
allenamenti di otto discipline: calcio, in primis,
pallacanestro, pallavolo, baseball, tennis, atletica,
nuoto e pattinaggio su ghiaccio. A seguire, lopinione
di un auxologo per chiarire le peculiarità
di ogni fascia detà: in questo numero,
offriranno il loro contributo uno psicologo, Roberto
Cadonati e un esperto in scienza dellallenamento,
Gian Nicola Biscotti, consulente scientifico
dellInter. Al momento del via, ci siamo
posti numerosi quesiti: siamo partiti dalle domande
cardine, quanto ci si allena e cosa viene proposto.
Proseguendo nellanalisi, sono nate nuove
idee che hanno ispirato altri quesiti riferiti
al mondo del calcio: la pratica di altre discipline
potrebbe essere utile per lo sport di Maldini
e Del Piero? Inoltre, non si sente la mancanza
del famoso campetto di periferia, per non dire
delloratorio? E più in generale:
la scuola aiuta il mondo dello sport o è
latitante? Abbiamo interrogato a questo proposito
Vincenzo Pincolini, conosciuto preparatore atletico,
e Luciano Torri, docente di teoria e metodologia
del movimento umano presso la facoltà di
Scienze Motorie a Milano. A loro spetta il compito
di tirare le somme riguardo il dossier e
farci riflettere.
Le prime risposte
La tabella riferita
a "quanto si allenano i giovani" (pubblicata
lo scorso numero) mostra chiaramente che nel mondo
del calcio ci si allena meno rispetto agli altri
sport: questo soprattutto nelle categorie dai
10 anni in su. Nuoto, pattinaggio e atletica,
praticate da giovani ad alto livello, hanno una
frequenza settimanale superiore: 5-6 allenamenti
con un picco di durata di 3 ore e mezza nel pattinaggio,
contro le 3 sedute del calcio, con un picco di
2 ore per i ragazzi tesserati nelle società
professioniste. Nellambito degli sport di
squadra, invece, la realtà è simile.
I tecnici di queste discipline hanno fatto emergere
un problema comune: il minor numero dallenamenti
è dovuto a motivi prettamente logistici.
I campi o le palestre devono essere condivise
da molte squadre e vari sport. È chiaro
che la possibilità di giocare più
volte la settimana è messa da parte.
Si potrebbe pensare
a soluzioni alternative? A nostro parere, praticare
più sport in contemporanea, soprattutto
da piccoli, innalzerebbe lattuale livello
motorio dei ragazzi. Nuovi e molteplici stimoli.
Proprio grazie alla somma di abilità acquisite
nelle diverse discipline, i ragazzi disporrebbero
di un miglior bagaglio motorio che costituirebbe
unottima base per qualunque disciplina cui
dovessero dedicarsi in futuro. È essenziale,
quindi, aver sviluppato il maggior numero di qualità
cui attingere per esprimere la miglior prestazione
possibile in futuro. Sentiamo ora le opinioni
dei due esperti.
Oratori e campetti
Questi luoghi erano
una grande risorsa per le passate generazioni:
lì si trascorrevano ore e ore giocando
liberamente. Bambini e ragazzi di diverse età
che si confrontavano in diversi sport, per interi
pomeriggi. Cera tutto: partite con avversari
più grandi spingevano a dare il massimo
di sé, gare due contro due, tre contro
tre secondo il numero di giocatori, sia a pallacanestro
sia a pallavolo, situazioni di gioco e un sano
agonismo. Pincolini, cosa ne pensa del cammino
sportivo dei ragazzi doggi?
"Purtroppo
è tutto già codificato. Sembra ci
siano delle griglie prestabilite per ogni sport.
Non cè nessuna apertura verso le
altre discipline. Io gioco a calcio e stop. E
bastano due sedute settimanali per diventare un
calciatore: questo è il pensiero di molti
allievi, avallato dai mister. Cè
un chiaro impoverimento di abilità. Ci
si specializza in una disciplina troppo presto."
Ma questo non avveniva anche venti anni fa?
Continua il preparatore:
"Solo in parte. Due allenamenti e sicuramente
meno strutturati cerano anche allora. Però,
alle spalle, ecco tanti pomeriggi trascorsi alloratorio.
Proprio lì, si sviluppavano tutte le abilità
motorie di base. Nessuna specializzazione, si
giocava tanto e a tutto".
Conferma Torri:
"Il campetto sotto casa o loratorio,
erano la massima espressione del gioco. Si arrivava
alle due e si tornava al casa alle otto di sera.
Con un pallone ci si divertiva tutti. Più
giochi: pallacanestro, calcio, pallavolo... tutti
in un pomeriggio. In questo contesto, inoltre,
nascevano le prime regole. I ragazzi, da soli,
formavano le squadre, si arbitravano e si divertivano
insieme." Possiamo parlare di uno spazio
"socializzante". "Certamente
evidenzia Torri . Pensiamo alla nascita
della regole tre rimbalzi e fuori dallarea
non esiste nel gioco del calcio. Oppure alla fantasia
dei ragazzi che con quattro zaini si costruivano
il loro spazio di gioco. Si auto-regolamentavano,
decidevano i ruoli, si sentivano, e forse erano,
più adulti e maturi." I campetti di
periferia sono quasi scomparsi e anche gli oratori
sono in declino. Cosa si potrebbe fare?
Afferma Pincolini:
"Credo che lideale sia la "polisportiva":
una società nella quale si possano praticare
più sport. Una sorta di club allinglese.
Ogni pomeriggio il ragazzo si può recare
al campo, trova listruttore di ogni disciplina
e deve provarle tutte, soprattutto da piccolo!
È lunico modo per arricchirsi motoriamente:
la varietà di stimoli è fondamentale".
Simile la proposta
di Torri: "Ogni società calcistica
dovrebbe mettere a disposizione quotidianamente
un piccolo rettangolo verde dove i ragazzi possono
giocare liberamente. Due giorni la settimana mi
diverto sul campo da calcio col mister e i compagni,
gli altri corro al "campetto" e posso
fare tutte le attività. In poche parole,
uno spazio di gioco organizzato".
Due proposte interessanti,
di non difficile attuazione: occorrono solo spazi
e tecnici. Non sarebbe più facile che nella
stessa realtà cittadina i dirigenti delle
varie discipline si mettessero daccordo
tra loro? Segnala Pincolini: "Certo. Il problema
è la corsa ai tesserati cui le federazioni
e le società mirano. Questo è il
dramma sportivo italiano: una lotta fratricida.
Si cercano i numeri e non la qualità nellintervento.
Non si capisce che solo insieme si potrebbe migliorare
la realtà sportiva italiana. E invece no!
Ognuno coltiva il suo orticello.
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