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Argomento:
Metodologia dell'allenamento del calcio
Data:
2003
Testata:
2/3 di resistenza, 1/3 di forza………
di Gian Nicola Bisciotti
 
Prendete 1/3 di bitter Campari, 1/3 di gin, 1/3 di Martini rosso, aggiungete del ghiaccio e mescolate il tutto, questi sono gli ingredienti per uno dei cocktail più famosi del mondo, il Negroni per chi non lo sapesse.... 2/3 di resistenza, 1/3 di forza, un pizzico di balzi e 2 gocce di squat, potrebbero essere invece gli ingredienti adatti per un cocktail molto particolare: l’intermittente forza. Ma che cosa è in realtà l’intermittente-forza? Cominciamo subito con il dire che è una "variante sul tema" rispetto all’intermittente classico. Quest’ultimo, forse è bene ricordarlo, è costituito da un certo numero di metri (se calcolato in base alla distanza), oppure da un certo numero di secondi (solitamente da 10 sino a 30, se basato sul tempo di lavoro), percorsi a velocità comprese tra il 100 ed il 130% della VAM (Velocità Aerobica Massimale), tali periodi di lavoro sono inframezzati da pause di recupero che possono essere di tipo attivo (in cui l’atleta corre ad una percentuale della VAM piuttosto ridotta, solitamente il 60-65%) oppure passivo (durante le quali l’atleta riposa per un certo numero di secondi fermo sul posto). Ricordiamo anche che la VAM, può essere intesa coma la velocità di corsa alla quale il nostro motore aerobico è, per così dire, "al massimo dei giri ". L’intermittente-forza, introdotto da un mio stimatissimo e creativo collega, Gilles Cometti, prevede l’inserimento nell’intermittente classico di esercitazioni di forza, come balzi orizzontali e verticali, skipping, corsa calciata, squat ecc. La logica che persegue questo tipo di lavoro, è quella di allenare, unitamente alle capacità di resistenza organica centrale, anche le caratteristiche di forza specifica che costituiscono uno dei fattori limitanti della resistenza periferica. L’introduzione, all’interno di un circuito d’intermittente-forza di esercitazioni esplosive, come i balzi, oppure l’utilizzo di esercitazioni che comportino l’uso di sovraccarichi di una certa entità (normalmente circa il 70% del carico massimale), dovrebbero, secondo alcuni Autori, permettere il coinvolgimento delle fibre muscolari di tipo II (ossia delle fibre a contrazione rapida), altrimenti difficile da ottenersi nel corso di un intermittente classico basato solamente sulla corsa effettuata a diverse intensità. Ad onor del vero non tutti gli Autori sono concordi con questa ipotesi, alcuni infatti asseriscono che l’adozione sistematica di esercitazioni basate sull’esecuzione ripetuta di brevi ma intensi sforzi massimali, porterebbe ad un aumento delle fibre di tipo I , ossia quelle a contrazione lenta, piuttosto che ad un incremento delle fibre a contrazione rapida. Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura di un recente ed interessante articolo di Alberti e coll. (2002). Al di là di questa controversia, l’intermittente-forza, si rivelerebbe particolarmente adatto a tutta quella tipologia di atleti che hanno a che fare con un tipo di resistenza specifica che potremmo definire "piuttosto strana", costituita da un mix di resistenza organica centrale e resistenza periferica muscolare, come appunto il calciatore. Atleti dunque, a cui è richiesta una prestazione di corsa, da qui l’esigenza di una buona resistenza organica centrale, ma in modo molto specifico, effettuando cioè cambi di direzione, balzi, accelerazioni, decelerazioni, gesti tecnici esplosivi….da cui nasce l’esigenza di una resistenza periferica muscolare altamente specifica (Bisciotti, 2003). Vediamo ora di esaminare quali siano i principi metodologici sui quali si basa questo tipo di lavoro.

Cominciamo con il dire che l’intermittente-forza, anche nell’accezione del suo ideatore, dovrebbe piuttosto rispondere alle regole fisiologiche su cui si basa la resistenza organica piuttosto che su quelle su cui è basato l’allenamento della forza (Cometti, 2002). Ma quali sono questi principi generali, ed ancor più specificatamente, nel caso dell’allenamento intermittente a cosa soprattutto dobbiamo attenerci?

 

Per chi volesse approfondire

Alberti GP e coll. L’allenamento intermittente-forza. SdS. 56:46-53, 2002.

Billat LV., Slawinski J., Bocquet V., Demarle A., Lafitte L., Chassaing P., Koralsztein JP. Intermittent runs at the velocity associated with maximal oxygen uptake enables subjects to remain at maximal oxygen uptake for a longer time than intense but submaximal runs. Eur J Appl Physiol.81: 188-196, 2000.

Bisciotti GN. Il corpo in movimento. Edizioni Correre. Milano, 2003

Bisciotti GN. The Pysiological effects of time work, intensity and time recovery in the intermittent training. Medicina della Sport. In corso di stampa

Cometti G. Forza e velocità nell’allenamento del calciatore. Edizioni Correre. Milano, 2002.

 

   
                     
                     
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