Utilizziamo
bene lintermittente
di Gian
Nicola Bisciotti
Anche
se probabilmente tutti conoscono le basi teoriche
e pratiche della modalità di corsa definita
"intermittente", credo che sia comunque
utile, ai fini dello scopo che si prefigge questo
breve e sintetico articolo, chiarirne comunque
i punti principali.
Lintermittente,
portato in auge Gaçon e poi adottato nellambito
del mondo calcistico da Cometti, al quale va lindubbio
merito di avere introdotto in questambito
alcune varianti molto interessanti, come "lintermittente
forza", è sostanzialmente un tipo
di corsa che prevede delle variazioni di velocità
a periodi ben definiti. Gli intermittenti che
potremmo definire come "classici" sono
il 10-10, il 20-20
ed il 30-30, da qui tutte
le innumerevoli varianti a discrezione della fantasia
e delle esigenze del preparatore. In particolare
nel calcio vengono ritenute più attinenti
alla realtà di gioco le seguenti varianti:
il 15-15, il 20-20, il 10-20 ed il 15-30 (Cometti,
1995) Sostanzialmente si tratta quindi di effettuare
un periodo di corsa ad alta intensità,
superiore alla Velocità Aerobica Massimale
(VAM), seguito da un successivo periodo in cui
la velocità di corsa è ridotta generalmente
ad un ritmo pari a circa il 60-65% della VAM,
denominata Velocità di Recupero Attivo
(VRA). Quali sono i vantaggi dellintermittente?
Principalmente durante la modalità di corsa
intermittente, soprattutto se svolta ad alta intensità,
la frequenza cardiaca aumenta in modo repentino
durante la fase di sforzo intenso e non riesce
a stabilizzarsi durante la breve pausa di lavoro
svolto a bassa intensità, raggiungendo
in tal modo una sorta di plateau. Per questo motivo
lintermittente svolto ad alta intensità
aumenta il VO2max, (che molto semplicisticamente
possiamo definire come la "cilindrata"
del nostro motore aerobico") e quindi la
potenza aerobica in modo più cospicuo di
quanto non si riesca a fare con il lavoro continuo(
Gorostiaga e coll., 1991).
Inoltre
lintermittente, rispetto al lavoro continuo,
permette di trascorrere un tempo maggiore a VO2max,
in parole povere ci permette di mantenere per
un tempo maggiore il nostro "motore aerobico"
al massimo dei giri (Billat e coll., 2000). Secondo
altri Autori inoltre lintermittente, non
solo, si rivelerebbe un ottima metodica rivolta
allaumento della potenza aerobica, ma aumenterebbe
anche la performance di corta durata svolta ad
alta intensità, da questo possiamo ovviamente
dedurre il suo interesse come metodica di lavoro
per laumento della resistenza specifica
nel calcio (Gaiga e Docherty, 1995). Ma anche
da un punto di vista prettamente muscolare, questo
tipo di lavoro presenta un indubbio interesse.
Il recupero muscolare, seppur incompleto, che
si verifica durante la fase di corsa svolta a
VAR, ossia a bassa intensità, permette
alle fibre a contrazione rapida ,un parziale recupero,
mettendole quindi in grado di svolgere, durante
la successiva fase di alta intensità, un
lavoro qualitativamente migliore (Cometti, 1995).
Tutti questi motivi, sia di ordine centrale (ossia
legati allaspetto della resistenza organica
), che periferico (ossia riguardante la resistenza
muscolare specifica ), rendono lintermittente
un lavoro molto interessante e soprattutto altamente
specifico nellambito della preparazione
atletica del calcio.
Tuttavia
a mio parere vi sono ancora alcuni "buchi
neri" nellinterpretazione di questo
tipo di lavoro. In primo luogo lintermittente
è un lavoro lattacido o sostanzialmente
aerobico? Alcuni Autori (Colli, 1997) sostenevano
la scarsa produzione di lattato (4-6 mmol . l-1)
dovuta alla fase di lavoro relativamente corta,
durante questi tipi di lavoro. Il fatto stesso
che lintermittente, se svolto ad un intensità
corretta, permetta di svolgere globalmente una
grossa mole di lavoro ad intensità pari
al VO2max o superiore, smentirebbe
già questa ipotesi, ma il problema direi
è piuttosto un altro vediamo di sviscerarlo
in modo semplice ma corretto. Cosa significa svolgere
un lavoro aerobico, quindi al di sotto della fatidica
soglia anaerobica, oppure sopra soglia e quindi
lattacido? Tutti siamo abituati a considerare
il valore di produzione di lattato di 4. mmol
.l-1come il "punto di non ritorno",
al di là del quale si scivola inesorabilmente
verso il meccanismo anaerobico lattacido. In realtà
questo principio non è del tutto esatto,
sarebbe più corretto dire che siamo in
regime aerobico sino a quando la quota di lattato
prodotta rimane in equilibrio con quella di lattato
smaltita, indipendentemente dal suo valore assoluto.
Proviamo a fere un esempio pratico: un atleta
comincia una seduta di corsa condotta a ritmo
uniforme, dopo circa 3-4 minuti (il tempo circa
necessario alla "messa in moto" del
suo sistema aerobico), la sua produzione di lattato
è pari a 5 mmol . l-1 . Potremmo
a questo punto dire che sta svolgendo un lavoro
anaerobico lattacido. Ma se alla fine della sessione
di lavoro la sua produzione di lattato è
rimasta sempre stabile a 5 mmol . l-1
, ci troviamo di fronte ad una situazione che
rispecchia appieno il concetto prima espresso,
ossia che quando la produzione di lattato rimane
stabile (il lattato prodotto è in equilibrio
con quello smaltito), il lavoro viene svolto essenzialmente
grazie al meccanismo aerobico. Al contrario se
il nostro atleta alla fine della sua sessione
di lavoro farà registrare una produzione
di lattato pari a 7 mmol . l-1 contro
le 5 mmol . l-1 iniziali, potremmo
dire che il lavoro si è svolto in regime
anaerobico lattacido, dato che la produzione di
lattato non è stata controbilanciata dal
suo smaltimento ma si è andati via via
incontro ad uno stato di progressivo accumulo.
Per essere ancora più precisi esiste a
proposito di questo concetto un "range di
tolleranza" di 1 mmol . l-1; possiamo
quindi dire di essere ancora in regime aerobico
quando tra la produzione di lattato registrata
allinizio dellesercitazione e quella
riscontrata alla fine della stessa, la differenza
non eccede appunto il valore di 1 mmol . l-1
(Heck e coll., 1984).
Un
altro aspetto mi lascia perplesso per ciò
che concerne lintermittente: molto spesso,
anzi dire troppo spesso, si sente parlare di intermittente
svolto alla massima intensità, ma cosa
significa dire massima intensità e poi
non quantificarla? Direi niente, anzi si genera
solamente confusione nellinterpretazione
di quello che fisiologicamente avviene attraverso
questo tipo di lavoro. Credo che basti un attimo
di riflessione per capire che svolgere un 15-20
durante il quale il lavoro ad alta intensità
svolto durante i 15 equivalga ad una
corsa pari al 100% della VAM, comporti degli adattamenti
fisiologici probabilmente molto diversi rispetto
ad un lavoro durante il quale i 15
vengano effettuati al 130% della VAM. Allora è
giusto, come si suol dire, "fare di tutte
le erbe un fascio"? direi di no, occorre
in primo luogo quantificare lintensità
del lavoro svolto, ad esempio in funzione della
VAM, e secondariamente conoscere i diversi impatti
fisiologici che le diverse intensità di
lavoro comportano.
E
sono appunto queste le domande che mi sono posto
prima di cominciare il lavoro di ricerca di cui
ora commenteremo i risultati: sino a quale intensità
di lavoro lintermittente è considerabile
come essenzialmente aerobico? Da quale intensità
in poi si sconfina nellambito anaerobico
lattacido? Ed ancora, sempre nellambito
del lavoro intermittente, a diverse intensità
di lavoro, corrispondono diversi tipi di adattamento
fisiologico?
Per
poter dare una risposta a queste domande abbiamo
chiesto a 10 calciatori di effettuare tre diversi
tipi di intermittente: 10-10,
20-20 e 30-30,
a diverse intensità di lavoro, parametrizzate
sulla loro VAM, precedentemente determinata attraverso
un test specifico. Le intensità adottate
erano pari al 100, 105, 110 e 115% della VAM stessa.
Il tempo totale di lavoro era complessivamente
di 12 minuti nel caso della intensità del
100, 105 e 110 % e solamente di 8 minuti (considerata
lalta intensità di lavoro) per lesercitazione
svolta al 115% della VAM. Veniva prelevato un
campione di sangue e determinata la concentrazione
di lattato a metà ed alla fine di ogni
esercitazione. Abbiamo quindi ritenuta valida
lipotesi secondo la quale se la differenza
di lattato prodotto non eccedeva 1 mmol . l-1
il lavoro veniva considerato aerobico, in caso
contrario lesercitazione poteva essere ritenuta
lattacida.
Osservate
i risultati che abbiamo ottenuto:
INTENSITA:
100% VAM
Modalità
|
Prelievo
4° minuto (mmol . l-1)
|
Prelievo
8° minuto (mmol . l-1)
|
Differenza
(mmol . l-1)
|
10-10
|
4.94 ±
0.39
|
5.33 ±
0.33
|
0.39
|
20-20
|
5.02 ±
0.36
|
5.43 ±
0.29
|
0.41
|
30-30
|
5.24 ±
0.38
|
5.69 ±
0.35
|
0.45
|
INTENSITA:
105% VAM
Modalità
|
Prelievo
4° minuto (mmol . l-1)
|
Prelievo
8° minuto (mmol . l-1)
|
Differenza
(mmol . l-1)
|
10-10
|
5.70 ±
0.51
|
7.48 ±
1.06
|
1.78
|
20-20
|
6.02 ±
0.50
|
7.82 ±
1.03
|
1.8
|
30-30
|
6.26 ±
0.61
|
8.14 ±
1.06
|
1.9
|
INTENSITA:
110% VAM
Modalità
|
Prelievo
4° minuto (mmol . l-1)
|
Prelievo
8° minuto (mmol . l-1)
|
Differenza
(mmol . l-1)
|
10-10
|
5.71 ±
0.33
|
7.70 ±
0.40
|
1.99
|
20-20
|
6.20 ±
0.89
|
9.20 ±
0.77
|
3.0
|
30-30
|
7.37 ±
0.51
|
11.4 ±
0.80
|
4.03
|
INTENSITA:
115% VAM
Modalità
|
Prelievo
4° minuto (mmol . l-1)
|
Prelievo
8° minuto (mmol . l-1)
|
Differenza
(mmol . l-1)
|
10-10
|
5.73 ±
0.35
|
8.20 ±
0.60
|
2.5
|
20-20
|
6.44 ±
0.89
|
10.52 ±
0.77
|
4.1
|
30-30
|
8.64 ±
0.49
|
13.16 ±
1.43
|
4.5
|
|
|
|
|
Come
possiamo facilmente osservare i dati sono molto
coerenti: maggiore è la velocità
di percorrenza, più massiccia diviene la
produzione di lattato e maggiormente aumenta la
differenza tra il lattato prodotto durante la
prima parte dellesercitazione e quello riscontrabile
alla fine. Quindi possiamo già fare due
prime importanti considerazioni:
- La produzione
di lattato durante lesercizio intermittente
effettuato ad alta intensità (soprattutto
dal 105 % della VAM in poi) comporta una forte
produzione di lattato che va ben al di la
di quella ipotizzata da altri studi precedenti.
- Utilizzare
diverse intensità di corsa comporta
diversi "impatti fsiologici", in
altre parole i meccanismi energetici che vengono
sollecitati effettuando un intermittente 10"-10"
al 100% della VAM non sono certamente gli
stessi che vengono chiamati in causa durante
un 10"-10" svolto al 115 % della
VAM.
Se
osserviamo più attentamente I valori riportati
nelle varie tabelle, possiamo notare come la differenza
tra il lattato prodotto sino a metà dellesercizio
e quello registrato alla fine dello stesso, sia
inferiore ad 1 mmol . l-1 per tutte
le intensità di corsa considerate quando
lintensità è pari al 100 %
della VAM, la differenza poi sale mediamente a
quasi a 2 mmol . l-1 ( 1.82 ±
0.06) quando lintensità dellesercizio
passa al 105 % della VAM, per poi salire ulteriormente
a praticamente 3 mmol . l-1 ( 2.99
± 1) nel caso di VAM pari al 110 % , per
attestarsi infine a circa 4 mmol . l-1
(3.7 ± 1) durante lultimo tipo di esercitazione
effettuata, ossia ad unintensità
pari al 115% della VAM.
Siccome
siamo tutti "uomini da campo" ed i dati
di una ricerca, nellambito della Scienza
dello Sport, devono essenzialmente servire al
miglioramento dellallenamento, pena la parziale
inutilità delle ricerca stessa, proviamo
ad interpretare i dati che abbiamo appena esaminato
in funzione della seguente tabella.
Differenza
di produzione di lattato (metà
esercizio/fine esercizio)
|
Classificazione
dellesercitazione
|
Minore
di 1 mmol . l-1
|
Aerobica
|
Da
1 a 2 mmol . l-1
|
Blandamente
anaerobica lattacida
|
Tra
2 e 3 mmol . l-1
|
Anaerobica
lattacida
|
Maggiore
di 3 mmol . l-1
|
Fortemente
anaerobica lattacida
|
Se
adottiamo questo criterio di classificazione dei
meccanismi fisiologici, e quindi dell "impatto
allenante" dei vari tipi di corsa frazionata
considerati , possiamo ritenere che quando la
differenza di produzione di lattato tra la metà
e la fine dellesercizio, risulta minore
di 1 mmol . l-1, lesercitazione
possa ritenersi come un mezzo di allenamento che
solleciti prevalentemente il meccanismo aerobico.
Se la differenza è compresa tra 1 e 2 mmol
. l-1 , lesercizio può
essere considerato come un mezzo che sollecita
blandamente il meccanismo anaerobico lattacido.
Una differenza compresa tra 2 e 3 mmol . l-1
comporta una piena sollecitazione del meccanismo
anaerobico lattacido, mentre nel caso in cui questa
fosse maggiore di 3 mmol . l-1 il lavoro
assumerebbe delle forti connotazioni lattacide.
In
base a questo criterio classificativi, possiamo
quindi riconsiderare sotto unottica di utilizzo
pratico da campo le diverse modalità di
corsa frazionata studiate, avendo la possibilità
di tener soprattutto conto del meccanismo energetico
principalmente sollecitato durante le stesse e
quindi del loro diverso effetto allenante.
INTENSITA: 100% VAM
Modalità
|
Classificazione
dellesercitazione
|
10-10
|
Aerobica
|
20-20
|
Aerobica
|
30-30
|
Aerobica
|
INTENSITA:
105% VAM
Modalità
|
Classificazione
dellesercitazione
|
10-10
|
Blandamente
anaerobica lattacida
|
20-20
|
Blandamente
anaerobica lattacida
|
30-30
|
Blandamente
anaerobica lattacida
|
INTENSITA:
110% VAM
Modalità
|
Classificazione
dellesercitazione
|
10-10
|
Blandamente
anaerobica lattacida
|
20-20
|
Anaerobica
lattacida
|
30-30
|
Fortemente
anaerobica lattacida
|
INTENSITA:
115% VAM
Modalità
|
Classificazione
dellesercitazione
|
10-10
|
Anaerobica
lattacida
|
20-20
|
Fortemente
anaerobica lattacida
|
30-30
|
Fortemente
anaerobica lattacida
|
Ad
intensità pari al 100 % della VAM quindi
tutti i tre tipi di modalità di frazionato
effettuati sono da considerarsi come un mezzo
di allenamento prettamente aerobico. Questo tipo
di intensità si presta quindi particolarmente
bene allaumento della potenza aerobica di
base, in regime di corsa specifica, ottimo ad
esempio nel periodo di preparazione, dove si tratta
di consolidare la potenza aerobica di base prime
di passare a lavori di maggiore intensità.
Intensità
pari al 105 % della VAM costituiscono se vogliamo
una sorta di "trait dunion" tra
le esercitazioni prettamente aerobiche e quelle
che cominciano ad interessare, seppur blandamente,
il meccanismo anaerobico lattacido.
Con
intensità uguali al 110 % della VAM siamo
in pieno regime anaerobico lattacido, soprattutto
se utilizziamo tempi di lavoro piuttosto lunghi,
20-20 e 30-30
e quindi distanze relativamente elevate. Effettuare
un 20-20 al 110% della
VAM, per un atleta che abbia un valore di Velocità
Aerobica Massimale uguale a 17 km/h, significa
percorrere tratti di 104 metri. Queste esercitazioni
quindi devono essere inserite in modo razionale
nel piano di lavoro settimanale, e soprattutto
non debbono essere collocate prima di una seduta
anaerobica alattacida intensa (come ad esempio
una seduta di lavoro per la velocità),
pena un aumento del rischio di incidenti muscolari.
In
ultimo intensità pari al 115 % della VAM
comportano un elevata sollecitazione del meccanismo
anaerobico lattacido, ragione per cui per questo
tipo di lavoro valgono ancor di più le
considerazioni fatte per il lavoro svolto ad intensità
del 110%.
Ritorniamo
quindi alle domande iniziali che ci siamo posti,
per quello che riguarda la prima , " Sino
a quale intensità di lavoro l intermittente
è considerabile come essenzialmente aerobico?",
ora conosciamo la risposta: il lavoro intermittente
è considerabile come essenzialmente aerobico
sino ad intensità pari al 100 % della VAM.
Veniamo alla seconda domanda, "Da quale intensità
in poi si sconfina nellambito anaerobico
lattacido? ", possiamo ora rispondere che
lintensità "soglia" oltre
la quale si verifica una sostanziale sollecitazione
del meccanismo anaerobico lattacido è il
105 % della VAM. E per finire vediamo di rispondere
alla terza, "A diverse intensità di
lavoro, corrispondono diversi tipi di adattamento
fisiologico?", la risposta ovviamente è
si, come abbiamo avuto modo di vedere possiamo,
variando i parametri dintensità e
di durata del lavoro, sollecitare in modo sostanzialmente
diverso, sia il meccanismo aerobico che quello
anaerobico lattacido.
Considerazione
finale: mai fare di tutte le erbe un fascio!
Figura
1 : Il "principio della bilancia" può
illustrare bene il concetto di soglia anaerobica
che abbiamo appena esposto: quando, nel corso
del lavoro stesso, si stabilisce un equilibrio
tra il lattato prodotto e quello smaltito, il
nostro organismo lavora essenzialmente in regime
aerobico.
|
Per chi volesse saperne
di più
.
Bisciotti GN.,
Sagnol JM., Filaire E. Aspetti bioenergetici della corsa
frazionata nel calcio. SdS. 50: 21-27, 2000.
Colli R. Lallenamento
intermittente: istruzioni per luso. Coaching &
Sport Science Journal. 2 (1): 29-34, 1997.
Cometti G. Calcio
e potenziamento muscolare. Edizioni Calzetti e Mariucci,
1995.
Gorostiaga EM.,
Walter CB., Foster C. Hickson RC. Uniqueness of interval
and continuos training at the same maintained exercise intensity.
Eur J Appl Physiol Occup Physiol.63 (2) : 101-107,
1991.
Billat V., Slawinsky
J. Bocquet V., Demarle A., Lafitte L., Chassaing P., Koralsztein
JP. Intermittent runs at the velocity associated with maximal
oxygen uptake enables subjects to remain at maximal oxygen
uptake for a longer time than intense but submaximals run.
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Gaiga MC., Docherty
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Heck H., Mader
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of the 4 mmol/l lactate threshold. Int J Sports med. Jun;
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