Come
salvarsi dal terremoto
di Gian Nicola Bisciotti
Da alcuni
anni laspetto "forza muscolare"
ha assunto, e sta continuando ad assumere,
un importanza sempre maggiore nellambito
della preparazione calcistica. Il calcio
moderno è in effetti sempre più
rapido e, per utilizzare un espressione
da campo che va tanto di moda, sempre più
esplosivo. Questo aspetto senzaltro
giustifica unattenzione particolare
nellallenamento delle capacità
di forza esplosiva nellambito della
preparazione atletica del calciatore, anche
se a mio modesto parere, spesso, direi forse
toppo spesso, il concetto dellallenamento
della forza esplosiva viene sovente "estremizzato",
o meglio "mal interpretato" ."
Estremizzato è il termine che preferisco,
proprio perché lestremizzazione
di un concetto porta inevitabilmente ad
una sua cattiva interpretazione, il primo
termine dunque è anche comprensivo
del secondo, ossia il secondo è consequenziale
al primo. Ma dopo queste disquisizioni semantiche,
occorre senzaltro che cerchi di chiarire
da un punto di vista prettamente metodologico
il concetto. Se è senzaltro
vero che le azioni che contraddistinguono
il calcio moderno sono di tipo "esplosivo"
, e su questo credo che nessuno possa dissentire,
è senzaltro altrettanto vero
che queste azioni non sono da considerarsi
singolarmente , ma al contrario come calate
nel contesto di gioco, facendo riferimento
al conseguente quadro fisiologico di riferimento.
Il tanto
conosciuto, quanto spesso
dimenticato, modello prestativo di gioco,
ci ricorda che il calciatore effettua circa
195 sprint (leggi "azioni esplosive"
) della lunghezza compresa tra i 10 ed i
15 metri (Cometti, 1995), correndo per circa
il 25% del tempo totale di gioco ad oltre
il 120% della propria velocità aerobica
massimale (Bisciotti e coll., 2000). Oltretutto
il fatto che il calcio moderno richieda
sempre di più azioni veloci ed esplosive,
è sottolineato dalla constatazione
che il numero degli "scatti brevi"
effettuati nel corso dei 90 di gioco,
è andato progressivamente aumentando,
dai 70, registrati in studi effettuati nel
1947, siamo arrivati ai 145 del 1970, sino
a raggiungere, come già citato, il
ragguardevole numero di 195 (Dufour, 1990).
Occorre inoltre considerare che il tipo
di corsa che il calciatore deve giocoforza
adottare, è fatto di un susseguirsi
di fasi accelerative e decelerative.
Dal momento
che laccelerazione e la decelerazione
comportano un costo energetico aggiuntivo,
diviene facilmente comprensibile come la
corsa adottata dal calciatore sia energeticamente
molto dispendiosa (Bisciotti e coll., 2000).
Un alto costo
energetico comporta linstaurarsi del
ben noto fenomeno della fatica. La fatica
è una sensazione ben nota a tutti
gli sportivi, calciatori compresi. Per far
ben comprendere l "eziologia",
ossia la ragione, o meglio le ragioni, per
le quali un organismo impegnato in un lavoro
muscolare, va incontro a questa fenomeno,
ai miei studenti della Facoltà di
Scienze dello Sport, futuri, spero buoni,
professionisti dello sport, porto sempre
lesempio del terremoto.
Cosa può
avere a che fare, diranno i più,
il terremoto con linstaurarsi del
fenomeno della fatica? Credo che tutti,
o per lo meno quasi tutti, abbiate visto
uno dei film del famoso filone "terremoto"
. In questi film levento scatenante
è dato dal verificarsi del violento
tremore della terra, il terremoto appunto,
a questo fa seguito il crollo dei palazzi,
che se posti a stretto contatto, come nei
centri storici delle città, crollano
come le pedine di un domino, al crollo dei
palazzi fa seguito lo scoppio delle tubature
del gas, che a loro volta generano incendi
a catena, poi alla fine crolla sempre limmancabile
diga che inonda il tutto e così via.
Tutta questa catena di eventi, tra loro
collegati, porta come risultato ultimo,
il collassamento del sistema, ovvero la
catastrofe. I modelli matematici che descrivono
il terremoto si presterebbero anche per
descrivere la fatica di un atleta impegnato
in un lavoro di alta intensità. Nel
suo organismo infatti si vengono a verificare
tutta una serie di eventi (produzione di
lattato, produzione di ammonio, una diminuzione
della liberazione di ioni calcio, laccumulo
di fosfato inorganico, di ADP, di potassio,
un inibizione generalizza a livello corticale
ecc) tra loro correlati, che portano, come
nel caso del terremoto, al collassamento
del sistema, questa volta in termini organici.
Latleta che conosce il fenomeno della
fatica, quindi va progressivamente verso
il suo "punto di collassamento".
Il susseguirsi delle azioni esplosive di
cui si compone il modello prestativo del
calcio a cui accennavamo prima, va visto
quindi in questo conteso di progressivo
avvicinamento al nostro "punto di collassamento".
Tra le altre cose la tanto denigrata potenza
aerobica potrebbe costituire una solida
base "antisismica", tanto per
restare in tema, che potrebbe spostare in
avanti il punto critico al quale la fatica
appare. Sempre per richiamare in causa i
miei studenti, tengo sempre ricordargli
che la tanto paventata possibile trasformazione
delle fibre veloci in fibre lente, conseguenza
inevitabile, per alcuni, dei lavori rivolti
allaumento della potenza aerobica,
andrebbe riesaminata alla luce di nuove
considerazioni scientifiche. Esiste un bellissimo
articolo di J. Andersen, P Schjerlin e B.
Saltin, che tra le altre cose è uscito,
in versione molto divulgativa ma comunque
sempre interessantissima, sia in Italia
che in Francia su due note riviste di divulgazione
scientifica (Le Scienze e Pour la Science),
molto delucidante al proposito, tanto che
nel consigliarne vivamente la lettura ai
miei studenti lo ho volutamente sottotitolato,
in maniera chiaramente provocatoria, "Chi
ha paura del lupo?". Ne consiglio caldamente
la lettura a tutti.
Da quanto
detto quindi mi pare chiaro che lallenamento
della forza esplosiva nella sua forma diciamo
"pura", ossia attraverso la metodica
di allenamento classica, che prevede carichi
attraverso i quali si esprime la massima
potenza, per un numero di ripetizioni che
sono in funzione di questultima e
tempi di recupero ovviamente decisamente
abbondanti, trova una sua giusta , ma non
unica ed esclusiva collocazione nellambito
dellallenamento del calciatore. Voler
eleggere questo tipo di metodologia di lavoro
come unica ed esaustiva metodica di lavoro,
costituisce lestremizzazione a cui
accennavo in apertura, la cui diretta conseguenza
è lerrata interpretazione del
concetto "forza nel calcio".
In effetti
il problema è allenare la potenza
muscolare anche nella sua forma che potremmo
definire "spuria", ossia in condizioni
di fatica (leggi in condizioni di terremoto
fisiologico), in modo tale da allontanare
e controllare il più possibile il
famoso "punto di collassamento del
sistema" (leggi "sistema atleta").
Come quindi
? attraverso tutta una seri di concatenazioni
di azioni esplosive reiterate sino al punto
di creare delle condizioni di affaticamento
simili se non leggermente superiori a quelle
di gioco. Perché "se non leggermente
superiori" ? , la risposta è
semplice: per ottenere da un sistema organico
una risposta di adattamento fisiologico
soddisfacente, occorre mettere in crisi
il sistema stesso. Basti ricordare ad esempio
come per aumentare la densità mitocondriale,
caratteristica adattiva tipica del sistema
aerobico, occorre svolgere allenamenti la
cui intensità provochi la formazione
di una seppur modesta quota di lattato,
in altre parole occorre mettere in crisi
il sistema aerobico. Questo concetto è
valido anche per ciò che riguarda
la forza, o meglio soprattutto per questo
particolare aspetto, che a me piace definire
con un termine molto poco corretto dal punto
di vista scientifico ma che a mio pare descrive
bene il concetto, "aspetto metabolico
della forza". Occorre mettere in crisi
il sistema, non troppo però, altrimenti
si rischia di porre troppo laccento
sulla resistenza alla forza. La concatenazione
di esercitazione deve essere quindi sufficientemente
lunga da avvicinare latleta al punto
critico di fatica, mettendo in tal modo
in crisi il sistema, ma non troppo lunga
da far perdere la connotazione "esplosiva"
allesercitazione stessa. Meglio ancora
se queste esercitazioni prevedono una certa
alternanza tra fasi di alta intensità
e fasi di recupero attivo, questo per essere
ancora maggiormente attinenti al modello
prestativo di competizione.
Fermo restando,
che come abbiamo detto pocanzi il
fenomeno della fatica è un fenomeno
"multifattoriale" , al quale appunto
concorrono numerosi parametri scatenanti,
e che quindi non si può assolutamente
assumere uno solo fattore come unico responsabile
dellinstaurarsi della fatica, proviamo
a dare qualche indicazione di ordine pratico.
Occorreva
quindi assumere qualche marker della fatica,
che potesse in modo sufficientemente affidabile
farci capire di quanto il sistema si avvicinasse
al punto critico di collassamento. Ho pensato
quindi di considerare a questo proposito
la produzione di lattato e di ammonio, discretamente
affidabili, anche se non unici responsabili
(e questo tengo a sottolinearlo) della fatica
organica. In tutta onestà devo anche
dire che la scelta è caduta sul lattato
e sullammonio soprattutto per la loro
facilità di dosaggio in condizioni
di allenamento.
Le esercitazioni
sono volutamente svolte sul campo e non
in sala di muscolazione ( ma lo stesso tipo
di concetto metodologico può essere
facilmente trasportato anche in sala pesi)
per numerosi motivi:
-Sono esercitazioni
semplici e quindi sicuramente fattibili
anche per chi non avesse grosse attrezzature
a disposizione.
-Comprendono
sempre delle fasi di corsa con cambiamento
di direzione. Tengo sempre particolarmente
a sottolineare che anche e soprattutto nellambito
dellallenamento delle capacità
di forza, occorre ricordare che, in ultima
analisi, nel calcio si corre! e tra laltro
si corre proprio così, accelerando,
decelerando e cambiando continuamente di
direzione.
-Sono di
facile organizzazione per lallenatore,
che riesce in tal modo a far lavorare contemporaneamente
tutta la rosa dei giocatori.
In alcune
circuiti si richiede lesecuzione di
un gesto tecnico eseguito "in potenza"
dallatleta. Attenzione però!
Occorre richiedere contestualmente potenza
e precisione, domandando allatleta
di indirizzare la palla in un settore ben
preciso, in caso contrario si allenerà
latleta ad essere potente ed impreciso,
il che non mi sembra un gran bel risultato
da perseguire.
Gli effetti
catastrofici di un terremoto a Kobe e gli
effetti, altrettanto catastrofici, della
fatica dipinti sul volto di un atleta. Terremoto
e fatica hanno in effetti, almeno da un
punto di vista matematico, molti punti in
comune.
ESEMPIO 1
A:
corsa navette alla massima velocità
su 4 tratti della lunghezza di 20 metri
B:
corsa a ritmo di VRA (velocità di
recupero attivo) per un tratto di 30 metri.
Il ritmo di corsa della VRA è circa
il 65% della Velocità Aerobica Massimale,
per un giocatore di medio livello (VAM pari
a 17 km/h) si tratta di coprire i 30 metri
in circa 10 secondi.
C:
5- 6 ripetizioni di semi squat jump con
un carico pari al 30-35% del carico massimale.
D:
6 tiri alla massima potenza esecutiva compatibile
con la richiesta di indirizzare il pallone
in un preciso bersaglio. La distanza di
tiro è variabile ed a discrezione
dellallenatore.
Serie: da
3 a 6
Tempo di
recupero: 4-5
Produzione
di lattato riscontrata : 8.1 ± 1.3
mml · l-1
Produzione
di ammonio riscontrata: 91.08 ±
8.74 μml · l-1
.
ESEMPIO 2
A:
Scatti con arresto e cambiamento istantaneo
di direzione (20 m + 10 m + 10 m )
B:
corsa a ritmo di VRA (velocità di
recupero attivo) per un tratto di 30 metri.
Il ritmo di corsa della VRA è circa
il 65% della Velocità Aerobica Massimale,
per un giocatore di medio livello (VAM pari
a 17 km/h) si tratta di coprire i 30 metri
in circa 10 secondi.
C:
6 balzi "seduto in piedi"
su di una panca di 40-45 cm di altezza
D
:
corsa navette alla massima velocità
su 4 tratti della lunghezza di 10 metri
E:
5 ripetizioni di semi squat jump con un
carico pari al 30% del carico massimale.
F:
30 secondi di palleggi individuali
G:
slalom stretto alla massima velocità
su di un tratto di 15 metri con paletti
distanziati tra loro di 1.5 metri.
Serie: da
3 a 6
Tempo di
recupero: 4-5
Produzione
di lattato riscontrata : 8.8 ± 1.8
mml · l-17
Produzione
di ammonio riscontrata: 91.08 ±
15.34 μml · l-1
.
ESEMPIO 3
A:
Scatti con arresto e cambiamento istantaneo
di direzione (20 m di scatto in avanti +
10 m allindietro alla massima velocità
+ 10 m di corsa laterale alla massima velocità
).
B:
30 secondi di palleggi individuali.
C:
skip 20 toccate
D
:
corsa navette alla massima velocità
su 4 tratti della lunghezza di 10 metri.
E:
corsa a ritmo di VRA (velocità di
recupero attivo) per un tratto di 30 metri.
Il ritmo di corsa della VRA è circa
il 65% della Velocità Aerobica Massimale,
per un giocatore di medio livello (VAM pari
a 17 km/h) si tratta di coprire i 30 metri
in circa 10 secondi.
F:
5 ripetizioni di semi squat jump con un
carico pari al 30% del carico massimale.
G
: 6 balzi
"seduto in piedi" su di
una panca di 40-45 cm di altezza.
H:
6 colpi di testa richiedendo un esecuzione
tecnicamente precisa
Serie: da
3 a 6
Tempo di
recupero: 4-5
Produzione
di lattato riscontrata : 8.5 ± 1.2
mml · l-1
Produzione
di ammonio riscontrata: 94.55 ± 10.46
μml · l-1 .
Nota:
dal momento che durante il gioco la produzione
di lattato media si aggira sulle 6 7
mml ·l-1, i valori di circa
8 mml ·l-1 registrati in
questi tipi di esercitazioni, sembrerebbero
ideali per mettere "in crisi"
il sistema provocando in tal modo un idonea
risposta adattiva. I valori di ammonio sono
un parametro altrettanto interessante, in
quanto lammonio è uno dei principali
responsabili della traduzione della fatica
periferica (a livello muscolare) in fatica
centrale ( a livello encefalico) E
importante notare che una delle conseguenze
della fatica centrale è la perdita
di coordinazione e di efficacia del gesto
unita ad una perdita di "lettura tattica"
dellazione di gioco (Bisciotti, 2000).
Come monitorizzare
i progressi
Questo aspetto
riguarda ovviamente maggiormente le squadre
professionistiche, che hanno la fortuna
di avere a loro disposizione strumenti e
mezzi ideali per questo tipo di indagine,
ma è comunque interessante sapere
come sia possibile testare i possibili progressi
della capacità di resistenza allo
sforzo esplosivo. Il primo step consiste
nel calcolare, grazie ad una particolare
apparecchiatura (Real Power, Globus Italia),
il carico con il quale è possibile
produrre la massima potenza e quantificare
, sia la potenza di picco che, la potenza
media. Il test è molto semplice si
tratta di effettuare tre movimenti alla
massima velocità esecutiva con tre
diversi carichi, che corrispondono al 30%,
50% ed 85% della forza massimale dinamica.
In tal modo si costruirà una parabola
(figura 1) il cui vertice (che viene calcolato
automaticamente) ci indicherà , sia
il carico con il quale si riesce a produrre
la massima potenza, che il valore di questultima.
Lesercitazione adottata può
essere , sia in catena cinetica aperta (leg
extension), oppure chiusa (pressa o squat),
lesercizio più interessante
è senza dubbio il semi-squat, dato
limportante sinergismo muscolare che
mette in atto. La seconda fase prevede di
quantificare il numero di ripetizioni che
si riesce ad eseguire con il carico così
calcolato, riuscendo a produrre una percentuale
elevata della potenza massima (normalmente
compresa tra il 90 ed il 95%). Questi saranno
i nostri parametri di riferimento. Proprio
questo secondo tipo di test , eseguito nuovamente
in condizioni di affaticamento, costituirà
il nostro "termometro", in grado
di indicarci di quanto lallenamento
sia riuscito a spostare il nostro "punto
di collassamento". Il test di percentuale
di potenza prodotta ed il numero di ripetizioni
effettuate ad una percentuale di potenza
pre-definita, eseguito subito dopo le sessioni
di allenamento di forza che ricalchino gli
esempi soprariportati, e confrontato con
gli stessi parametri di base (registrati
nel primo test effettuato in condizioni
muscolari ideali), ci daranno un idea della
resistenza del nostro sistema organico nei
confronti dei fenomeni "sismici"
della fatica muscolare.
Figura 1 :
La prova si riferisce ad un atleta che abbia
un valore di carico massimo dinamico pari
a 100 kg. Durante la prima prova effettuata
con il 30% del carico massimo dinamico (30
kg) si è registrato un valore di
potenza media pari a 400 W , durante la
seconda prova effettuata con un carico pari
al 50% del carico massimo dinamico (50 kg)
la potenza media registrata è stata
uguale a 650 W, infine nellultima
prova eseguita con un carico pari all85%
del carico massimo dinamico (85 kg) la potenza
media registrata è stata di 864 W.
Calcolando il vertice della parabola che
è possibile costruire attraverso
i dati registrati durante il test, otteniamo
il carico con il quale è possibile
esprimere la massima potenza (pari 60.5
kg) ed il valore di questultima (683.5
W). Un metodo semplice e pratico per calcolare
il picco di potenza ed il carico da utilizzare
per produrla in qualsiasi tipo di esercitazione
(Bisciotti, 1999).
Lesercitazione
adottata come test di verifica può
essere effettuata , sia in catena cinetica
aperta (leg extension), oppure chiusa (pressa
o squat), lesercizio più interessante
è senza dubbio il semi-squat, dato
limportante sinergismo muscolare che
mette in atto.
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